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  • CALCOLO CALORICO E BILANCIO ENERGETICO, UTOPIA!

    Di Chiara De Nigris & Claudio Suardi Il bilancio energetico è la differenza tra l'energia introdotta nell'organismo e l'energia spesa per le normali attività fisiologiche e l'attività fisica .  Il fabbisogno energetico quotidiano, a livello didattico, è calcolato sommando diversi fattori come il metabolismo basale, la potenza metabolica e la termogenesi . Il bilancio energetico è dinamico, variabile e soprattutto individuale. Gli adattamenti alla perdita o al guadagno di peso sono innumerevoli che compensano il metabolismo e i comportamenti. Il tutto è difficilmente misurabile. Contestualmente, il bilancio   energetico, fluttua ogni giorno per innumerevoli variabili ed è perciò incalcolabile, salvo ragionamenti in linea di massima, accettabili per fini didattici e di insegnamento e/o per un punto di partenza logico dell’alimentazione giornaliera. Il metabolismo basale degli ADIPOCITI è di 5 Kcal /Kg/die Quello del MUSCOLO SCHELETRICO è di circa 15 Kcal /Kg/die Gli ORGANI INTERNI del corpo, a riposo, hanno un metabolismo nettamente maggiore durante il giorno: da 200-440 Kcal /Kg/die È stato ipotizzato che la resa energetica per la conversione tra peso corporeo e energia sia una funzione non lineare della quantità di grasso corporeo (ipotesi di Forbes*). La resa energetica nel contesto del dimagrimento si riferisce a come il corpo utilizza e brucia le calorie.  Recenti studi hanno dimostrato che la risposta adattativa della spesa energetica a differenti interventi dietetici (alimentazione eccessiva o restrizione calorica) può identificare due differenti fenotipi metabolici: il “dissipatore” e il "risparmiatore . Questo significa che alcune persone possono bruciare calorie più facilmente rispetto ad altre, influenzando così l’efficacia delle diete dimagranti. Per soggetti moderatamente sovrappeso o obesi si può usare il valore 7700 Kcal/Kg PC., ma lo stesso valore è una sovrastima per i “magri”. Il valore di 7700 Kcal/Kg di peso corporeo (PC) è spesso utilizzato per stimare il deficit calorico necessario per perdere un chilogrammo di peso. Tuttavia, questo valore può essere una sovrastima per le persone magre, poiché la composizione corporea e il metabolismo possono variare significativamente tra individui con diversi livelli di grasso corporeo. Questo spiega perché a parità di variazioni di apporto calorico diverse persone mostrano differenti variazioni di peso, dovute alla frazione di energia ricavata o depositata nel tessuto magro (non si riscontra nella realtà l’ipotesi che la massa magra non partecipi alla variazione di peso) quindi la ripartizione energetica è una funzione non lineare della massa grassa, ovvero in una dieta ipocalorica una diminuzione di peso implica in misura sempre maggiore il consumo / depauperamento di massa magra ** IL METABOLISMO BASALE aumenta “solamente” dell’1% con una leggera “ricomposizione corporea” (FM – 2Kg, FFM + 2Kg) passando da 2000 a 2020 Kcal/die. Impercettibile e statisticamente poco significativo. A riposo, quando la maggior parte dell’energia metabolica deriva dall’ossidazione lipidica, il soggetto dell’esempio “brucia” 20 Kcal in più ogni giorno (poche), tutti i giorni (tanti)! Senza cambiare ipoteticamente nessun’altra variabile! 20 Kcal x 365 gg = – 7300 Kcal/anno (Bilancio calorico “negativo” annuale) In 1 anno l’equivalente calorico di circa 1 Kg di grasso corporeo!Potenzialmente dimagrirà di 1 Kg, stando a riposo, per aver variato il suo metabolismo grazie ad una leggera variazione di composizione corporea. Per ipotizzare la VARIAZIONE di PESO si utilizza la resa energetica della conversione tra massa ed energia: 7700 Kcal/Kg PC. Equivale a dire che un deficit di 7700 Kcal corrisponde alla diminuzione di 1 Kg di peso. E’ il valore utilizzato da chi fa calcoli solo energetici rispetto ala complessità del metabolismo per prevedere DIMINUZIONE o AUMENTO del Peso Corporeo (K.D. Hall et al., Lancet 2011). Il limite è considerare la resa energetica assunta come costante; invece, questo parametro può variare in relazione a vari fattori, in primis la composizione corporea che varia durante le variazioni ponderali. Dedurre la variazione di peso da un deficit o da un eccesso calorico richiede l’assunto di considerare 7700 Kcal/Kg PC una costante. Questo valore scaturisce dalla verifica che il TESSUTO ADIPOSO è costituito dall’87% di triacilgliceroli (TGL) ed ha questo valore energetico (per 1 Kg). Se si perdesse solo tessuto adiposo durante una dieta ipocalorica non vi sarebbero problemi di calcolo! E basterebbe contare le Kcal. Invece durante una dieta dimagrante la perdita di acqua nelle prime settimane e di tessuto magro in tempi più lunghi, contribuiscono notevolmente alla perdita di peso (la MASSA MAGRA contiene meno energia ma ne consuma di più del tessuto adiposo). E questo è noto da tempo. (M. Wishnofsky, Am J Clin Nutr, 1958). (G. B. Forbes, Nutr Rev 1987 e Ann N.Y. Acad Sci 2000) (K. D. Hall, Int J Obes, 2008; P. R. Payne e A. E. Dugdale, Lancet 1977; S. B. Heymsfield et al., Obes rev 2011).

  • FAME EMOTIVA VS FAME FISIOLOGICA

    Di Chiara De Nigris & Claudio Suardi FAME: È una necessità fisiologica del corpo. Si manifesta quando il corpo ha bisogno di energia e nutrienti per funzionare correttamente.  La fame è regolata da ormoni come la grelina, che viene prodotta nello stomaco e segnala al cervello che è ora di mangiare . ESIGENZA . APPETITO: dal latino derivato da “appetere” (“aspirare a”, “desiderare”). È un desiderio psicologico, spesso influenzato da fattori esterni come l’odore, la vista del cibo o le emozioni. L’appetito può essere stimolato anche in assenza di fame fisiologica.  Ad esempio, si potrebbe avere appetito per un pezzo di cioccolato dopo aver visto una pubblicità, anche se non si ha realmente fame . È un comportamento non razionale, istintivo ed impulsivo diretto all’appagamento dei propri bisogni. Determina l’inizio del pasto, non necessariamente correlato con la fame; riflette la fame fisiologica ma molte altre variabili: stato emotivo, palatabilità, disponibilità di cibo, appagamento.  SCELTA Comfort Food  sono cibi a cui ricorriamo per soddisfare un bisogno emotivo: sapori consolatori, stimolanti e spesso nostalgici. Semplice e genuino o junk food pieno di grassi, il comfort food spesso ci ricorda l'infanzia, ci coccola e scalda il cuore nei momenti “no” della nostra vita. Sono cibi che regalano un senso di piacere e benessere emotivo  attivando un  sistema di ricompensa  nel cervello umano, che dà un piacere gratificante o un senso temporaneo di elevazione emotiva e relax. In particolari condizioni psicologiche, le persone consumano il  comfort food  per concedersi un piacere occasionale o, quando provano emozioni negative, possono mangiare degli  alimenti malsani  per compensare per un breve periodo di tempo il loro malessere Nel “sistema occidentale” oggi si trovano alimenti con disponibilità illimitata, ad alta densità energetica, raffinati e “gustosi” (dolci/salati) quindi con una forte stimolazione/attrazione palatale. L’uomo moderno è sempre più dipendente dalle sensazioni palatali più che da quelle fisiologiche. Introdurre cibo non soddisfa più solo esigenze di FAME ma sottostà, soprattutto, a sensazioni gustative e olfattive piacevoli. Da riprodurre spesso. FAME EMOTIVA Richiede soddisfazione immediata. Richiede cibi particolari (comfort food). Non si soddisfa anche quando ci si sente fisicamente “pieni”. Si avverte “dal collo in su”. Dopo compaiono spesso sensi di colpa, sensazioni di sconfitta. Porta a mangiare in modo inconsapevole mentre si fa altro. Non parte dallo stomaco ma da una “visione” del cibo desiderato. FAME FISIOLOGICA Può aspettare Si soddisfa con qualsiasi alimento. Tiene conto del segnale di “sazietà”. Si avverte “dal collo in giù” Compare per necessità biologiche corrispondenti ad esaurimento delle energie. Viene percepita come giusta quindi non dannosa. E’ consapevole e viene soddisfatta per lo più a tavola. Parte da una sensazione di vuoto nello stomaco.

  • SISTEMI TAMPONE DELL’ORGANISMO, IMPARIAMO A CONOSCERLI E GESTIRLI

    Di Chiara De Nigris DSM e Claudio Suardi, MFS Il sangue non va mai in vera e propria acidità né tantomeno in alcalinità essendo controllato a vista dai sistemi tampone. Molte delle reazioni biochimiche che avvengono "in vivo" si svolgono con lo sviluppo di idrogenioni (H+), per cui, se non ci fossero adeguati sistemi tampone, il variare del pH porterebbe in un tempo più o meno breve all'arresto della reazioni stesse e quindi alla  morte delle cellule. I liquidi biologici, contenendo acidi e basi coniugate di vario tipo e a diverse concentrazioni sono in pratica dei tamponi fisiologici. I tamponi sono dei dispositivi di sicurezza che contrastano le modifiche del pH nei liquidi corporei e nelle cellule. I sistemi tampone sono in grado di neutralizzare una certa quantità di acidi o basi aggiuntivi, legandoli al tampone. Componenti importanti di questi tamponi sono il bicarbonato basico disciolto nel sangue e l’emoglobina che conferisce il colore rosso al sangue. Tamponando gli acidi in eccesso si evita innanzitutto che possano provocare danni e si possono eliminare all’occorrenza in un secondo tempo senza che il pH venga modificato in maniera significativa. IL TAMPONE BICARBONATO. Il bicarbonato disciolto nel sangue può legare l’acido producendo acido carbonico che si scompone in acqua e in anidride carbonica. L’anidride carbonica viene espirata attraverso i polmoni. In questo modo il pH sanguigno può essere corretto in modo rapido ed efficace. Per poter mantenere nel tempo l’efficienza di questo sistema, i tamponi si devono rigenerare continuamente. Per questo è fondamentale la quantità di composti minerali basici che vengono forniti all’organismo con l’alimentazione. ORGANI DI ELIMINAZIONE RENI E POLMONI Gli organi più importanti per la regolazione dell’equilibrio acido-base sono i reni e i polmoni. Il rene è l’unico organo capace di un’escrezione netta di acidi e quindi in grado di eliminare effettivamente l’acido dall’organismo. Anche il polmone contribuisce tramite la respirazione alla regolazione dell’equilibrio acido-base. Il pH del sangue può corretto immediatamente aumentando l’espirazione di anidride carbonica. OSSA E TESSUTO CONNETTIVO Se il sistema tampone raggiunge i propri limiti e la capacità del rene di eliminare gli acidi è esaurita, per mantenere condizioni metaboliche ottimali l’organismo deve provvedere a togliere questi acidi immediatamente “dalla circolazione”. Ciò avviene mediante il deposito degli acidi nel tessuto connettivo che per le sue caratteristiche fisiche risulta particolarmente adatto ad assorbire gli acidi: un po’ come una spugna che si gonfia d’acqua. In alternativa vengono liberate dalle ossa delle sostanze basiche (ad esempio bicarbonato e fosfato di calcio) ciò che a lungo andare può compromettere la salute delle ossa. Il principale tampone biologico, sia per la sua quantità che per la sua funzione biologica, è però il sangue. Il pH del sangue deve essere il più possibile costante, circa 7.4, altrimenti si possono manifestare il COMA ACIDOSICO  (pH < 7.0)  o la TETANIA ALCALOSICA (pH> 7.8). Pertanto le variazioni massime dal pH ottimale di 7.4 non possono superare il valore di ± 0.4  per non andare incontro a pericolose patologie. Le oscillazioni del pH fisiologico dipendono da una parte dai processi metabolici che possono produrre acidi organici (acido lattico, acido ß-idrossibutirrico, acido acetacetico, ecc) e acidi inorganici (acido carbonico, ione diidrogenofosfato), e dall'altra parte le variazioni di pH dipendono dall'alimentazione che può far introdurre sali alcalini di Na+, K+, Ca++ e Mg++. In particolare i carnivori hanno una dieta  ricca di composti acidi e sono quindi prevalentemente tendenti all'acidosi, mentre l'inverso succede agli erbivori (tendenza all'alcalosi). Il pH del sangue viene pertanto mantenuto più o meno costante dal suo potere tampone dovuto ai tre sistemi acido-base coniugati:  acido carbonico / bicarbonato,  diidrogenofosfato / idrogenofosfato e proteine / proteinati. Il primo sistema è il più importante perché viene direttamente regolato dalla respirazione. Quando il pH è basso, cioè acido, l’organismo si demineralizza e si sacrifica in nome dell’integrità corporale. Perde cioè i suoi minerali nel tentativo di ripristinare il giusto equilibrio biochimico (perdita di massa muscolo scheletrica e di minerale osseo). Uno dei meccanismi più efficaci è il sistema-tampone. L’organismo può mobilitare altre scorte di materiale tampone alcalinizzante come il calcio, il sodio, il potassio, il magnesio prelevandoli dalle ossa, con insorgenza nel tempo di artrosi e osteoporosi. Il calcio-tampone non è altro che il rilascio immediato di osseina nelle emergenze acidificanti. Se sangue e linfa sono per noi inaccessibili in termini di pH, quello che siamo in grado di influenzare fortemente è la matrice extracellulare, ossia i 15-20 litri di liquidi che circondano le cellule. Il giusto equilibrio tra attività fisica e sedentarietà consente di vincere la nostra partita giornaliera. Il normale rapporto tra alcali e acidi nel corpo è approssimativamente di 80% alcalino e 20% acido. Questa proporzione è mantenuta grazie all'equilibrio costituito da sodio, potassio, calcio e magnesio. Quando tutto è in ordine ogni eccesso di acido è prontamente neutralizzato. Il corpo non tollera nessun acido libero nemmeno per un istante, tranne che nello stomaco durante la digestione. Gli acidi vanno depotenziati e resi innocui e il corpo fa ricorso a tutte le sue risorse per conservare la sua alcalinità, perché le cellule possono svilupparsi e riprodursi solamente in ambiente alcalino. Key point Sintomi legati all’acidosi: Problemi digestivi, cutanei, nervosi, osteoarticolari, endocrini, immunitari, ormonali, cellulite, radicali liberi, affaticamento, mal di testa, perdita appetito, insonnia, nervosismo, traspirazione acida. L'affaticamento cronico non è che tossiemia acida. Se non si rimuove dà luogo a prematuro invecchiamento, a malattie funzionali ed organiche.

  • ADDOMINALI, MITO E REALTÀ

    Di Chiara De Nigris, DSM e Claudio Suardi MFS La ricerca del “miglior” esercizio per i muscoli addominali è, purtroppo, sempre più legata al discorso estetico e non a quello della salute e di recupero dell’equilibrio muscolare e posturale come invece dovrebbe essere. Sicuramente il gruppo dei muscoli addominali è quello maggiormente (come quantità) e peggio (qualitativamente) allenato. Girando per le palestre si può notare persone che passano ore del loro tempo a disposizione per l’allenamento a flettere il tronco, a ruotare su dischi, eseguendo esercizi dai nomi strani come crunch, crunch inverso, sit-up, sedia romana, ecc. che riflettono solo e soltanto un’unica azione: la flessione del tronco o quella dell’anca. Si allenano male e a dismisura! Se pensiamo alla proporzione, ad esempio, del grande pettorale, del gran dorsale, del quadricipite femorale, muscoli fasici e grossi per antonomasia, allenati magari per tre serie da quindici ripetizioni, e gli addominali per sei serie per trenta ripetizioni, (fino ad arrivare all’assurdo di corsi di trenta, quarantacinque minuti. Allenare muscoli stabilizzatori per un tempo infinito con l’utopica idea di rassodare muscoli deputati a tutt’altro è molto bizzarro. Proporremmo mai un corso di trenta minuti per i bicipiti? Lasciamo da parte per una volta l’estetica dell’addominale usato magari come tavola per lavare i panni e mostrato sulle copertine di riviste utili più alle massaie che non a tecnici dell’esercizio. Proviamo ad analizzarlo, per una volta dal punto di vista funzionale e non al lato estetico. Poniamo la nostra attenzione verso due distinti gruppi muscolari; i retti addominali, che hanno origine dall’apofisi tifoidea e cartilagini della quinta, sesta e settima costa e che si inseriscono sulla sinfisi e cresta del pube. Il grande psoas (flessore dell'anca) si suddivide in una parte superficiale e una profonda. La parte superficiale ha origine dalla superficie laterale della dodicesima vertebra toracica, e della prima e quarta vertebra lombare e dai dischi intervertebrali interposti. La parte profonda ha origine dai processi costiformi della prima e quinta vertebra lombare. Il muscolo grande psoas si unisce con il muscolo iliaco e giunge, circondato dalla fascia iliaca come muscolo ileopsoas inserendosi sul piccolo trocantere del femore. Contraendo i retti addominali si porta la base dello sterno e la zona pubica verso il centro, la colonna vertebrale si flette e l'anca tende a ruotare indietro (retrovertere). Prima riflessione: il pavimento e lo schienale delle macchine tradizionali non consentono al bacino di ruotare e di retrovertere come invece dovrebbe avvenire in modo naturale. Gli esercizi che sono solitamente usati per rinforzare i muscoli della parete addominale se non eseguiti correttamente possono anche aggravare i problemi alla schiena e perciò ogni esercizio proposto dovrà necessariamente rispettare le linee fisiologiche, anatomiche e biomeccaniche perché ogni uscita dalla linea ottimale di lavoro porterà, oltre che ad un’inutile perdita di tempo, ad aggravare delle situazioni invece di migliorarle. Il retto dell’addome debole non consente una corretta flessione delle colonna vertebrale. In stazione eretta il torace e il pube si allontanano con la conseguenza di lordotizzare la zona lombare con una possibile compressione sulle faccette articolari in questa zona. Nella posizione supina “tradizionale” la catena flessoria ma soprattutto i flessori del capo aiutano a sollevare la testa e il tronco. Conseguenza: “Benefici” per la colonna possono riflettersi negativamente sui muscoli del collo o in altri punti della colonna. Gli addominali sono usati poco durante la giornata. Se pensiamo a quante flessioni del tronco eseguiamo in totale in ventiquattro ore ci rendiamo conto dello sbaglio nell’allenarli troppo e con una funzione che non è quella principale (flessione del tronco invece di compressione dei visceri). La flessione del tronco, come da anatomia funzionale, è eseguita forse di mattino quando si passa da una posizione supina ad una seduta per poi scendere dal letto. La funzione, secondo i più autorevoli libri di anatomia funzionale è riportata come segue: Muscolo Retto dell’addome: flessione del tronco, compressione e sostegno dei visceri addominali Muscoli Obliqui: flessione e rotazione del tronco, compressione e sostegno dei visceri addominali Muscolo Traverso dell’addome: compressione e sostegno dei visceri addominali Come possiamo notare la parola “compressione e sostegno“ appare in ognuna delle voci precedenti. Una buona innovazione, rispetto alle macchine esistenti in commercio per i muscoli addominali è quella studiata e realizzata da Salvioli. Quest’attrezzo offre la possibilità di eseguire una compressione dei visceri e una flessione del tronco in modo funzionale come da fisiologia, senza vincoli che possono ostacolare lo svolgimento del lavoro avendo, tra l’altro, il sellino mobile. La schiena, non essendo vincolata dal pavimento o schienali vari ha la possibilità di muoversi come da funzione e non da costrizione legata a tutto meno che alla fisiologia. Finalmente una rivoluzione positiva. Non macchine tecnologiche piene di computer e luci che servono a tutto meno che alla reale funzione. Luci e computer che contano le ripetizioni, che fanno magari il caffè, ma che sono invece veramente scarse e inutili dal punto di vista sia fisiologico che biomeccanico. Che sia l’inizio di un’evoluzione positiva? Speriamo di sì!

  • NORMOIDRATAZIONE, MARKER DELLA SALUTE, DEL BENESSERE E DEL BELLESSERE, TEST PER COMPRENDERNE L’ANDAMENTO

    Di Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi, MFS La normoidratazione rappresenta l’equilibrio tra acqua totale e dell’organismo e della sua distribuzione nei comparti intra e extra cellulari. La normoidratazione modula il corretto scambio sodio / potassio e il buon funzionamento delle membrane cellulari. Se l’allenamento è eccessivo e mal sopportato, stress, alimentazione squilibrata, portano ad aumento della ritenzione idrica. Espedienti come “acqua che elimina l’acqua”, diuretici, saune, ecc. otterranno solo l’effetto di disidratazione globale senza l’eliminazione della causa (andare sull’effetto, ritenzione e non sulla causa). Quando aumenta ECW (infiammazione) si è probabilmente in una situazione di acidosi tissutale con relativa variazione del pH extracellulare. Le cellule presentano una caratteristica comune, che vede una composizione acida all'interno del nucleo, caricata positivamente e, nel citoplasma, una composizione alcalina caricata negativamente. La cellula presenta un nucleo, a carica positiva e acido e il citoplasma, a carica negativa e basico. AMBIENTE INTRACELLULARE (NUCLEO) a carica POSITIVA e ACIDO CITOPLASMA a carica NEGATIVA e BASICO Gli squilibri momentanei del pH sono dovuti principalmente a fattori come eccessivo apporto di acidi con gli alimenti, scarsa trasformazione e neutralizzazione degli acidi stessi, mancanza di vitamine o minerali, stato di affaticamento e/o scarsa ossigenazione dei tessuti dovuta a vita sedentaria o piena di eccessi. Lo stress è un segnale d’allarme del corpo che si attiva per proteggerci dai pericoli e tende ad aumentare l’acidosi presente nell’organismo. Lo stress psicologico continuo crea costante secrezione di cortisolo, che facilita l’aumento di peso e incrementa l’accumulo di zucchero nel sangue che potrebbe causare a sua volta insulino resistenza ediabete. Il cortisolo, in particolare, agisce liberando zuccheri dai depositi di fegato e muscoli scomponendo le proteine muscolari per creare altro glucosio. L’adrenalina e il cortisolo, ormoni dello stress, aumentano il rilascio di acidi. SINTOMI ASSOCIATI AD ACIDOSI TISSUTALE Stanchezza cronica, disturbi del sonno, sonnolenza di giorno, dolori muscolari e articolari, irritabilità, alterazione flora intestinale, stress, cellulite, ritenzione idrica, oltre a creare problemi come osteoporosi, sarcopenia, crampi muscolari, aumentata sensibilità alle allergie, infiammazioni frequenti. Questo questionario deve servire per individuare eventuali sintomi collegati ad acidosi metabolica. Nel caso di almeno due risposte affermative si può ipotizzare soggetto non in fisiologia e in acidosi. Controllando e ripetendo il test si è in grado di controllare tutte le evoluzioni relative agli accorgimenti eseguiti (cambiamenti relativi ad allenamento e alimentazione).

  • BASI DELL’ALLENAMENTO MUSCOLARE

    di Chiara De Nigris, DSM e Claudio Suardi, MFS PROGRAMMAZIONE E PERIODIZZAZIONE In questo articolo parleremo di scienze esatte applicate alla teoria dell’allenamento perché non ci si accontenti di schede prestampate “adatte a tutti”, ma ricercare in sei aspetti fondamentali il diritto di parlare di vera personalizzazione. · Anatomia · Fisiologia · Biochimica · Biomeccanica · Periodizzazione · Personalizzazione Esiste l’individuo, una postura, un’articolarità e una capacità di adattamento soggettive. Esiste soprattutto una risposta diversa a parità di stimolo in ciò che è stata chiamata “individualità biochimica”. Solo il rispetto di questi concetti farà si che, attraverso questa base solida si possa costruire un allenamento veramente unico e sicuro per ogni persona. Chi cerca la scheda miracolosa rimarrà deluso. Non esiste. Non può esistere per i motivi sopra descritti. Esistono invece strumenti in grado di fornirci informazioni riguardo all’andamento e la risposta all’allenamento. In ogni modo, al fine di programmare al meglio occorre chiarire terminologie come ripetizione, set, volume, ecc. RIPETIZIONE È la parte più piccola ma allo stesso tempo svolge un ruolo fondamentale riguardo al raggiungimento del risultato. Consiste normalmente in due fasi: una d’azione concentrica o di sollevamento del carico e una d'abbassamento dello stesso. La biomeccanica applicata correttamente consente di poter lavorare nei range fisiologici articolari e muscolo tendinei. Il rispetto della funzione muscolare e articolare permette di fare lavorare i tendini lungo una linea di trazione “ideale” riducendo al massimo i rischi d’infortuni e allo stesso tempo ottimizzare l’allenamento. SET E’ un insieme di ripetizioni eseguite in modo continuo e senza pause. Un set può essere composto di una a trenta o più ripetizioni. La somma del tempo necessario a compiere un set crea il Tempo di Tensione (TT). Come vedremo poi, il tempo di tensione è uno degli strumenti utili e necessari ai fini dell’ipertrofia muscolare. RIPETIZIONI MASSIME (RM) E’ il numero massimo di ripetizioni che si possono eseguire con una giusta tecnica. RM MAX O 1 RM E’ il massimo carico che si può sollevare con una ripetizione durante un esercizio. Dieci RM sono il massimo carico sollevabile per dieci ripetizioni previste. POTENZA (POWER) In fisica la potenza è definita come “il tempo d’esecuzione del lavoro” dove lavoro è il prodotto della forza esercitata per muovere un oggetto per una determinata distanza. Quantitativamente lavoro e potenza si possono definire come: Lavoro = Forza x Distanza Potenza = Lavoro / Tempo o Forza x Distanza / Tempo La potenza può perciò essere definita come Forza x Velocità. Più precisamente la potenza si può definire come il prodotto della forza, della direzione e dalla velocità esercitata su un oggetto. La potenza espressa in ripetizioni si può definire come il peso sollevato moltiplicato per la distanza verticale diviso per il tempo d'esecuzione di una ripetizione. P = Kg sollevati x Distanza Verticale / Tempo La Potenza di una ripetizione può essere: · Aumentata sollevando lo stesso peso per la distanza verticale in minor tempo. · Sollevando un peso più pesante per la stessa distanza verticale alla stessa velocità. · Sollevando un peso più leggero aumentando la Velocità d’esecuzione. VOLUME D’ALLENAMENTO Il Volume d’allenamento è la misura del totale del lavoro eseguito in una sessione, in una settimana, in un mese o in altri periodi mentre la frequenza è invece il numero d'allenamenti totali di una settimana, un mese, un anno. La durata è la lunghezza di una sessione d’allenamento. Si può calcolare il volume d’allenamento o attraverso la somma delle ripetizioni eseguite in un periodo specifico (settimana, mese, anno) o attraverso il totale del peso sollevato o, ancora, moltiplicando il numero delle ripetizioni per il carico sollevato. MICROCICLO Il microciclo si riferisce a un programma d’allenamento settimanale ed è la parte più importante del piano di lavoro. Cambia secondo l'obiettivo finale e si suddivide in diverse fasi. MESOCICLO Si può definire come un insieme di quattro microcicli (quattro settimane). MACROCICLO E’ un insieme di microcicli e mesocicli (di solito un anno di lavoro). Per stilare un programma e prevenire possibili infortuni è opportuno seguire una progressione del carico graduale. L’esempio del grafico uno dimostra come il carico possa aumentare progressivamente per tre microcicli (tre settimane) e di seguito diminuire per una settimana per facilitare il recupero e rifare il pieno d'energia prima d'iniziare un nuovo mesociclo. Non essendo possibile mantenere sempre la stessa intensità è opportuno variare all’interno della settimana e di rigenerarsi (una settimana di riposo) ogni uno o due mesi. Questo manuale, come detto in precedenza non contiene tabelle perché la risposta soggettiva e le relative variazioni devono essere approntate in ogni momento. Lo stesso discorso vale per la scelta degli esercizi. Solo un’attenta analisi posturale o delle tensioni muscolari può consentire di scegliere il movimento appropriato secondo le caratteristiche anatomiche funzionali e biomeccaniche del soggetto da allenare. La teoria dell’allenamento è da sempre regolata da alcuni principi. Nel momento in cui si propone un allenamento controllare che siano sempre rispettati. SUPERCOMPENSAZIONE (SRA) Le fibre muscolari aumentano in forza e dimensione come risposta ad allenamento, riposo soggettivo e alimentazione. Per capire se il cliente ha recuperato ed è in grado di allenarsi di nuovo occorre avvalersi di strumentazioni scientifiche e testare il cliente a inizio e fine settimana o mese con gli stessi parametri e vedere quali dei valori stimanti / misurati sono cambiati. Il risultato positivo o negativo ci permetterà di adattare e cambiare il nuovo allenamento. Esempio: obiettivo ipertrofia, allenamento quattro giorni per settimana, test inizio e fine andamento massa magra (analisi bicompartimentale). Se a fine scheda si perde massa magra, diminuire i set o il carico, oppure portare l’allenamento da quattro a tre volte. L’analisi Tricompartimentale permette di stabilire se il cliente ha “supercompensato” attraverso, ad esempio, l’acqua extracellulare (ECW). Come vedremo nei capitoli successivi, l’aumento dell’ECW a seguito dell’allenamento è un indicatore dello stato di stress. Nel momento in cui l’ECW rientra nei parametri iniziali, ci si può allenare di nuovo. Questo è molto di più che teoria. Scienza al servizio del Personal Training. SAID Se l’obiettivo è la forza esplosiva, bisogna allenarsi in modo esplosivo; se è il miglioramento dell’attività cardiovascolare, bisogna allenare cuore, polmoni, muscoli ecc. Allenare un atleta “esplosivo” con metodiche del Body Building (ripetizioni lente) sarebbe un grosso sbaglio e viceversa. L’atleta “esplosivo” si allenerà con tecniche finalizzate alla forza e alla potenza e non attraverso gesti che rallentano il movimento, tipiche del bodybuilding. DIFFERENZE INDIVIDUALI Siamo tutti geneticamente diversi e lo stesso allenamento dato a persone diverse può dare risultati differenti. Parola d’ordine, PERSONALIZZAZIONE. Attraverso i test ripetuti nel tempo. E’ ora di smettere di pensarsi padroni del metodo d’allenamento o d’alimentazione. Solo uno stolto vive di un solo metodo. Siamo esseri diversi, con un’individualità biochimica e una risposta unica. USO / NON USO Se mi alleno, miglioro, se smetto e non dò continuità perdo ciò che ho guadagnato. Continuità ma, allo stesso tempo, riposo tra un micro ciclo e l’altro. GAS Non ci si può allenare sempre con la stessa intensità. L’eccesso può essere più dannoso che utile. Il principio della GAS è il punto di partenza per l’impostazione di un programma di lavoro che non abbia sempre la stessa intensità a giorni stabiliti. Come si può notare nell’esempio, l’allenamento aumenta d’intensità gradualmente e ha il picco nella terza fase. In questo caso l’aumento d’intensità si è avuto attraverso l’incremento del carico. Importante creare sempre e solo una variabile alla volta salvo che si tratti di persone con una notevole esperienza d’allenamento, non di certo per principianti. Per questi ultimi, soprattutto nella prima fase dell’allenamento, per non sforzare eccessivamente legamenti e tendini è preferibile aumentare il numero degli esercizi o le ripetizioni piuttosto che il carico. La diminuzione del riposo tra i set aumenta l’intensità ma non rispetta la “teoria delle differenze individuali”, in altre parole il recupero soggettivo. Imporre 30”, 45” o 1’ di recupero tra una serie e l’altra significa non rispettare risposte diverse alla stessa domanda. Ascoltare e parlare con il proprio cliente ci deve consentire di personalizzare, anche di volta in volta, il recupero tra i set. Se ad esempio fissiamo il recupero tra i set a 45” e il cliente non recupera a sufficienza per compiere le ripetizioni richieste, aumentare a un 1’ il riposo tra i set. In questo caso abbiamo rispettato il principio delle differenze individuali. Allenarsi duramente tutti i giorni dell’anno può essere frustrante per mancanza di miglioramenti o per blocchi di forza che possono avvenire. L’alternanza d’intensità dei vari microcicli può portare a evitare esiti negativi e a ridurre Il significato d'intensità è ancora una volta soggettivo. Per alcuni può essere eseguire più ripetizioni (predisposizione ad alta tolleranza alla resistenza). Per altri usare carichi alti (bassa tolleranza alla resistenza). FREQUENZA D’ALLENAMENTO PER MICROCICLO La frequenza può variare da persona a persona secondo la fase dell’allenamento, esperienza e dalla capacità di recuperare tra un giorno e l’altro. I principianti devono in ogni modo adattarsi progressivamente. Persone con più anzianità possono arrivare anche a 4-5 sessioni per settimana per microciclo con allenamenti frazionati, sempre nel rispetto della tolleranza individuale all’allenamento. Per allenamento frazionato s’intende la divisione dei gruppi muscolari in più giorni al fine di non fare durare l’allenamento più di 60’ circa (tempo oltre il quale può avvenire aumento di produzione di cortisolo, ormone che agisce sul catabolismo muscolare). Esempio: lunedì e giovedì allenare petto, spalle e tricipiti e il martedì e venerdì gambe, schiena, bicipiti e addominali. Vi sono diversi sistemi di suddivisione dell’allenamento. Qui di seguito sono descritti i più comuni. PERIODIZZAZIONE E MACROCICLO Gli esempi delle pagine precedenti sono dei “moduli” teorici. Nell’allenamento nulla avviene per caso ma per pianificazione, periodizzazione e personalizzazione. La periodizzazione è la programmazione dell’allenamento che permette di raggiungere l’obiettivo prefissato attraverso delle fasi che variano in funzione del possibile risultato finale. Le domande che sono poste, di solito, al cliente al momento della richiesta di un allenamento personalizzato sono: · Anzianità o esperienza d’allenamento · Giorni d’allenamento settimanali · Tempo a disposizione per seduta · Obiettivo finale In realtà sarà solo dopo la valutazione oggettiva e soggettiva dei test iniziali e la ripetizione degli stessi si sarà in grado di capire ciò che funziona e ciò che non funziona. A questo punto ci dobbiamo porre due obiettivi: il primo a lunga scadenza (esempio fine dell’anno di lavoro) e il secondo intermedio (fine scheda, momento di controllo). Se l’obiettivo finale è la forza, la periodizzazione varierà in funzione di quest’ultima preferendo più fasi della stessa all’interno del macrociclo. Stesso discorso vale sia se l’obiettivo è la definizione o l’ipertrofia. In generale un macrociclo potrebbe essere così suddiviso: * ALLENAMENTO INIZIALE o di ADATTAMENTO GENERALE (o di RIPRESA) * ALLENAMENTO PER “IPERTROFIA o AUMENTO MASSA“ * ALLENAMENTO PER “AUMENTO MASSA E FORZA“ (MISTO) * ALLENAMENTO FINALIZZATO ALLA “FORZA” * ALLENAMENTO DI DEFINIZIONE * RIPOSO (O RECUPERO ATTIVO) Esempio di periodizzazione annuale con relativa suddivisione per fasi supponendo che l’obiettivo finale è volume e definizione. Si possono eseguire molte varianti partendo da questo modello. L’esempio sopra parte dal mese di settembre poiché è di solito l'inizio delle attività dopo un periodo di riposo (Agosto). Il tutto è assoggettato a modifiche. Tratto da Ipretrofia Muscolare 2.0, disponibile in e-book

  • BASI DELL’IPETROFIA MUSCOLARE

    Di Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi, MFS L’allenamento per l’ipertrofia ha lo scopo di provocare cambi biochimici all’interno del muscolo necessari per lo sviluppo della massa muscolare. Sfortunatamente per molta gente l’aumento del volume muscolare è limitato alla durata dell’allenamento o poco più e spesso è dovuto a un ristagno di fluidi all’interno dei muscoli (ipertrofia sarcoplasmatica). In altre parole, “l’aumento muscolare” è dovuto a uno spostamento dei fluidi corporei all’interno delle cellule sotto sforzo invece che a un reale aumento del volume delle fibre. Occorre lavorare sulle percentuali rispetto al massimale piuttosto che su un numero prefissato di ripetizioni. Il numero di ripetizioni rispetto al massimale non è standard. Persone testate da Hatfield hanno risposto in modo diverso in termini di ripetizioni eseguite a una determinata percentuale di carico rispetto al massimale fino a dieci ripetizioni. Le tabelle standard riportano, ad esempio, all’85% del massimale, la possibilità di eseguire 5-6 ripetizioni. Persone con alta tolleranza alla resistenza (ST o + fibre lente) riescono a eseguirne molte di più, talvolta anche 10-12. Viceversa persone con bassa tolleranza alla resistenza (FT o + fibre veloci) ne eseguono magari solo tre. L'ipertrofia muscolare rappresenta l'incremento di volume delle fibre contrattili che porta all’aumento della massa muscolare. L’allenamento per l’ipertrofia, grazie ai sovraccarichi, crea delle lesioni muscolari che, se genetica, recupero, ormoni e alimentazione sono stati combinati nel modo giusto, porteranno il muscolo a incrementare il suo diametro. L’ipertrofia muscolare coinvolge tutte le strutture subcellulari ma agisce in particolare sulle strutture contrattili. Il carico produce microlesioni nel tessuto e in particolare nella fase eccentrica del movimento. L'organismo “in fisiologia” risponde ricostruendo il tessuto danneggiato depositando maggiori quantità di materiale proteico attraverso la produzione di nuove miofibrille di diametro maggiore e la produzione di nuovi sarcomeri. Le cellule muscolari a questo punto incrementano i depositi di Creatinfosfato CP, Adenosintrifosfato ATP e Glicogeno attraverso modificazioni che portano notevoli vantaggi nell'esecuzione di sforzi brevi ma intensi, tipici dell'attività anaerobica. Un buon lavoro rivolto all’ipertrofia passa attraverso una tensione meccanica, data dal carico utilizzato e dal tempo di tensione utile a risposte cellulari e molecolari nelle miofibrille e nelle cellule satelliti. Il carico e il tempo di tensione devono essere adeguati. W. Kraemer ha definito questo metodo come “impegno ripetuto submassimale” utile alla degradazione delle proteine. Questo grazie a due fattori: stimolo meccanico e tempo di tensione (TT). Il tempo di tensione “ideale” (durata del SET) dovrebbe essere tra 30”-40” e 70”. Se il carico è troppo alto, il tempo di tensione (esecuzione di un set) sarà troppo breve (inferiore ai 30” di tensione continua). Se il carico è troppo basso, il tempo di tensione sarà troppo lungo (superiore ai 70” indicativi). Kraemer consiglia l’utilizzo di carichi compresi tra 6-8 e 10-12 con tempo d’esecuzione di ogni ripetizione tra 5” e 6” (metodo dell’impegno ripetuto submassimale) con recuperi incompleti ma che non limitino il set successivo. Il grado di tensione meccanica (quantità di carico) e del tempo di tensione TT (durata del carico applicato) creerà una corretta combinazione di queste variabili (carico e durata) che massimizzeranno il reclutamento delle unità motorie. A queste due variabili va aggiunto lo stress metabolico ottenuto attraverso la produzione di acido lattico. L'allenamento anaerobico lattacido, provoca una produzione di acido lattico che va ad abbassare momentaneamente il pH al quale è associato un aumento del GH. Punto chiave: L’adeguato ed elevato stimolo meccanico con stress in allungamento deve portare alla produzione di ”fattore di crescita miogeno” locale a livello dei muscoli sollecitati con riparazione dei microtraumi da parte delle cellule satelliti (ipertrofia). L’insorgenza del danno muscolare crea una reazione infiammatoria che porta alla produzione di miochine responsabili del rilascio di fattori di crescita che regolano la proliferazione e la differenziazione delle cellule satelliti. Secondo diversi studiosi, l’aumento della sezione trasversa della fibra avviene dopo 10-14 settimane di allenamento continuo. L’allenamento iniziale porterà a un aumento di forza quasi esclusivamente per adattamento neurologico (Bosco, Kraemer e altri). L’allenamento anaerobico lattacido, provoca una produzione di acido lattico che va ad abbassare il pH al quale è associato un aumento del GH.  Avvengono inoltre delle micro lesioni sulla membrana che stimolano dei processi ormonali tramite i quali occorre la sintesi proteica. Altro fattore importante è la deplezione di glicogeno che in fase di recupero è reintegrato con una supercompensazione a livello di ritenzione dello stesso. Il processo che porta all'ipertrofia muscolare è multifattoriale. Si è visto, infatti: Che la deplezione dei fosfati favorisce la proliferazione di poliribosomi, sedi di sintesi proteica. Che l'alta concentrazione di acido lattico produce delle microlesioni a livello della membrana cellulare che portano alla crescita attraverso ricostruzione. Che i movimenti lenti, particolarmente nella fase eccentrica stimolino il rilascio di fattori di crescita insulino-simili IGF1 e IGF2 che sono i principali responsabili dello sviluppo di cellule embrionali da quelle satelliti. TENSIONE MECCANICA, che crea un DANNO MUSCOLARE e STRESS METABOLICO La sequenza; tensione / danno / stress / recupero / alimentazione, sono i fattori che condizionano lo sviluppo muscolare. La variazione del pH nel citoplasma e nell’ambiente extracellulare è associata a molte condizioni fisiologiche come, ad esempio, l’esercizio intenso. Questo cambiamento influisce sulla sintesi proteica, controllate anche dal mTORC1. Un’elevata attività mTORC1 è stata osservata a valori fisiologici di pH 7.2 – 7.4. Bassi livelli di pH possono influenzare negativamente la sintesi proteica. In chimica, acidità significa proprietà di una sostanza di mandare in soluzione ioni d’idrogeno H+, (idrogenioni) e si misura con il pH (potenziale Hidrogenium). Il pH è la misura di acidità di un liquido, i cui valori vanno da 0 a 14. Da zero a 6.9 si ha una condizione acida, sette è neutra, oltre abbiamo una condizione alcalina. I fluidi entrano ed escono da una cellula con una carica elettrica perché i nutrienti sono convertiti in elettricità, senza la quale il cervello non potrebbe comunicare con gli altri organi. La carica elettrica è favorita da alcuni nutrienti minerali. Se questi sono assenti nei liquidi, il corpo li prende dalle riserve, impoverendo anche la massa ossea. Il sangue umano ha pH, a livello arterioso, compreso tra 7,38 e 7,42. Il sangue non è perfettamente neutro ma leggermente alcalino, poiché il suo pH è di poco superiore al sette. I processi metabolici che avvengono all'interno del corpo portano a continue variazioni del pH in un susseguirsi di apporto-eliminazione di “acidi” e “basi” che determinano modifiche nella concentrazione dello ione idrogeno (H+) con conseguente variazione del pH dell'organismo che deve far fronte a queste variazioni e mantenere il pH fisiologico (pH 7.38-7.42). Se l'ambiente in cui vivono le cellule diventa molto acido, tale acidità penetrerà all'interno delle cellule, alterando il pH del nucleo e creando i presupposti per quei fenomeni che sono comunemente chiamati "malattie da degenerazione cellulare". Come detto in precedenza, l’ambiente extracellulare (fluidi corporei) svolge l’importante compito di mantenere il pH rigorosamente entro i limiti fisiologici. Minime variazioni di H+ intra ed extracellulari hanno la capacità di modificare la carica caratteristica delle proteine con conseguenti modificazioni della struttura e della funzione. Lo stretto controllo nel mantenimento della H+ costante nei fluidi extracellulari è il risultato di una sinergia di meccanismi regolatori in cui sono coinvolti i sistemi  di controllo propri nel sistema ematico e regolazione a livello renale, intestinale e polmonare. Bassi livelli di pH possono influenzare negativamente la sintesi proteica. Riferimenti bibliografici: 1.     Dario Boschiero: Approfondimenti sul pH tissutale extracellulare – Sistemi tampone fosfato e bicarbonato 1 / 3Autore: Dario Boschiero Rev. 2   Data: 31/3/2006 2.     Sebastian   A,   Frassetto   LA,   Sellmeyer   DE,   Merriam  RL,   Morris   RC. Estimation   of   the   net acid   load   of   the   diet   of   ancestral   preagricultur in Homo  sapiens  and  their hominid ancestors. 2002. Am J Clin Nutr 76: 1308-16 3.     Kurtz  I,   Maher   T,   Hulter   HN,   Schambelen   M,   Sebastian   A.   Effect   of   diet   on   plasma  acid-base composition in normal humans. 1983. Kidney Int. 24 (5): 68-70 4.     Frassetto   LA,   Morris   RC,   Sebastian   A.   Effect   of   age   on   blood   acid-base   composition   in adults humans: role of age-related funtional decline. 1996 Am J Physiol. 271:F1114-22; 5.     Lutz   J.  Calcium  balance   and  acid-base   status  of   women  as  affected  by  increased  protein intake and by sodium bicarbonate ingestion. 1984 Am J Clin Nutr. 39: 281-288; 6.     Heaney RP, Gallagher J, Johston C, Neer R, Parfitt A, Whedon GD. Calcium nutrition and bone health in the elderly. 1982 Am J Clin Nutr. 36(5): 986-1013

  • IPERTROFIA MUSCOLARE TRANSITORIA E “CRONICA

    Di Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi, MFS L’allenamento può produrre due tipi di aumento di volume muscolare. Una transitoria, edema muscolare (accumulo di fluidi), causato dal danneggiamento delle miofibrille e del tessuto connettivo perimuscolare che causa ritenzione idrica. E’ la classica sensazione a fine allenamento, dove ci si sente un po’ più gonfi. L’aumento non è dovuto a ipertrofia sarcomerica ma sarcoplasmatica per ritenzione indotta da infiammazione locale. IPERTROFIA MUSCOLARE “CRONICA” FUNZIONALE (SARCOMERICA) Aumento del volume (ipertrofia) e del numero delle cellule muscolari (iperplasia), grazie allo stimolo ormonale indotto dall’allenamento e all'aumentato apporto e ritenzione di nutrienti. Non esiste una sola tecnica di allenamento valida in assoluto. Ne esistono tante e ognuna agisce su un diverso meccanismo che porterà all'ipertrofia, ma soprattutto ognuna di esse funzionerà in maniera ottimale sino a che il fisico non si sarà adattato a quel particolare tipo di stimolo. Sintesi: in “fisiologia” Allenamento con medio-alta percentuale di 1-RM in TENSIONE CONTINUA con enfasi sulla fase ECCENTRICA e con un “COSTO METABOLICO”. “MIX” DI STRESS” MECCANICO – METABOLICO - ORMONALE Meglio allenarsi al mattino o nella prima parte della giornata. Recuperi incompleti tra le serie per recuperare parzialmente ATP (ma sufficiente per il lavoro) e produrre lattato locale e maggiori metaboliti. Dosare i sistemi «in eccentrica» adattandoli al soggetto. Limitare a due, tre fasi (microcicli) l’anno il lavoro all’esaurimento/cedimento. Spingersi, all’allenamento ALATTACIDO (Potenza / F. Esplosiva). Produrre una situazione di «gonfiore» transitoria da ripristinare («tamponare») a livello del comparto EXTRACELLULARE tramite gestione PRAL dei cibi (ed eventuali tamponi ossei). Recuperare/incrementare il GLICOGENO stoccato per avere energia in allenamento. Periodizzare in base al recupero fisiologico dell’ECW (acqua extracellulare) che aumenta per infiammazione transitoria. Allenare di nuovo quando rientrata.. Controllare h 24 PRAL e circadianità CG (Carico Glicemico). CONTROLLARE COSTATEMENTE LA COMPOSIZIONE CORPOREA “funzionale” adattando secondo le situazioni Durante le prime settimane d’allenamento vi è un miglioramento in termine di forza non corrispondente all’aumento della sezione trasversa del muscolo. Cambia la qualità dei filamenti di miosina ma non vi sono quantità sufficienti di proteine nelle cellule per creare aumenti in misura delle fibre muscolari stesse. Entro 8-12 settimane d’allenamento aumenta anche il volume in ragione del fatto che le proteine che compongono le miofibrille cominciano a unirsi alle fibre muscolari. I miglioramenti avvenuti nelle prime settimane d’allenamento sulla forza in persone non allenate sono quantificati fino al 40%. Una persona non allenata migliorerà a prescindere dall’allenamento proposto, almeno all’inizio ma, se non vi è periodizzazione, questi miglioramenti cesseranno in breve. L’obiettivo di un allenamento sulla forza all’interno di un macrociclo è di creare ipertrofia della sezione trasversa del muscolo e condizionare al reclutamento del numero massimo possibile di fibre muscolari oltre che aumentare la sintesi proteica (grande ruolo dell’alimentazione). Molte volte, miglioramenti anche del 50% sono solo imputabili a una maggior coordinazione neuromuscolare (s’impara il gesto). Il risultato deve essere, ad ogni modo, sempre misurabile. O attraverso il carico massimale (1RM) o, ancora, vedendo cosa avviene in termine di cambio della composizione corporea. Questo ci dirà se l’allenamento proposto produce reali miglioramenti, se ci stiamo sotto allenando o se rischiamo il sovrallenamento potendo così intervenire immediatamente anche con cambi d’alimentazione e integrazioni mirate e non approssimative. Pseudo miglioramenti o peggioramenti non saranno empirici ma provati e documentati. Questa fase prevede allenamenti con carichi attorno all’80-95% di 1 RM e alla massima velocità al fine di reclutare il maggior numero possibile di fibre veloci (FT). Vi saranno benefici attraverso l’aumento dell’attivazione delle unità motorie (reclutando il maggior numero di fibre veloci) e della capacità di sincronizzazione e coordinazione dei gruppi muscolari. Più aumenterà la capacità coordinativa e di sincronismo tra i muscoli più le fibre veloci (FT) diventeranno efficienti. Aumenteranno sia il diametro degli elementi contrattili del muscolo sia i livelli di testosterone in modo naturale. Il guadagno sarà più sulla forza che sull'ipertrofia e questo permetterà nei mesocicli successivi di utilizzare più carico. Aumenti di volume saranno possibili quasi esclusivamente per le persone che si avvicinano per la prima volta a questo sistema. Allenarsi in velocità con carichi alti permette di attivare fino all’85% delle fibre veloci (FT). Il rimanente 15% sonouna riserva latente difficilmente utilizzabile (se non in casi d’estrema necessità) attraverso l’allenamento. Se avvenissero situazioni di mancanza di miglioramenti di forza nel tempo, sarebbe naturalmente possibile variare questa fase introducendo altri metodi (vedi capitolo riguardante i sistemi d’allenamento). Altri elementi da tenere in considerazione sono CARICO, RIPOSO, VELOCITÀ CARICO Come già detto in precedenza, l’allenamento concernente la forza diventa funzionale se si riesce a creare una condizione di massima tensione all’interno del muscolo. Mentre carichi e velocità basse stimolano soprattutto le fibre lente, pesi oltre l’85% sono necessari per la maggior parte delle fibre muscolari, specialmente per quelle veloci. Carichi alti e ripetizioni basse agiscono sull'adattamento del sistema nervoso, sul sincronismo dei muscoli coinvolti con maggior coinvolgimento delle fibre muscolari veloci. L’aumento della sintesi proteica è un risultato dato dalla tensione che si sviluppa all’interno dei miofilamenti. Ecco perché è importante istituire, durante una o più fasi dedicate alla forza all’interno del macrociclo, ripetizioni comprese tra uno e quattro almeno una volta per settimana per gli atleti intermedi e due volte per settimana per quelli avanzati o agonisti. RIPOSO TRA I SET Il riposo è puramente soggettivo. Importante però che il recupero sia completo poiché carichi massimali coinvolgono anche il sistema nervoso centrale che recupera molto più lentamente del sistema muscolo scheletrico. Se il riposo è troppo breve, la partecipazione del sistema nervoso in termini di concentrazione, motivazione e di trasmissione di forza degli impulsi nervosi spediti per la contrazione muscolare potrebbe essere inferiori al desiderato e il ripristino d’ATP/CP (Adenosintrifostato / Creatinfostato) potrebbe essere inadeguato. VELOCITA’ La velocità d’esecuzione gioca un ruolo molto importante. Infatti, anche durante l’utilizzo di carichi massimali, è necessario muovere la resistenza il più velocemente possibile (anche se la velocità è indirettamente proporzionale alla forza e più diminuisce il carico più si è in grado di velocizzare il movimento).

  • I PROCESSI FIOSOLOGICI CHE DETERMINANO L’ADATTAMENTO IPERTROFICO

    di Claudio Suardi MFS e Chiara De Nigris DSM Seicentocinquanta muscoli del nostro corpo si contraggono e si rilasciano consentendoci di compiere tutte le azioni, volontarie e involontarie della nostra vita. La vita inizia con il movimento e termina con l'immobilità e questo ci può fare capire quanto è importante non restare fermi. Che cosa ha di così speciale la massa muscolare? Perché occorre averne in abbondanza? Salute, estetica o entrambi? La risposta scontata potrebbe essere "perché un corpo muscoloso è bello da vedersi" ma se questo è piuttosto assodato nella mentalità maschile, le donne, paradossalmente, vorrebbero essere toniche ma senza muscoli criticando le ragazze "palestrate" pensando che è un corpo attraente e muscolato sia anti femminile. FUNZIONALITA’ E SALUTE I muscoli svolgono un ruolo fondamentale nella salute e nel benessere in tutti noi. Sono un fattore critico nella salute metabolica, controllo del peso corporeo, resistenza ossea, stress e malattie. Secondo molti studi, la sarcopenia (diminuzione della massa muscolare) non è una conseguenza inevitabile dell'età, ma avviene in condizioni di stress ossidativo crescente nel tempo con la formazione di radicali liberi. Nel sesso maschile è correlata al calo della produzione di testosterone che ha effetti anabolizzanti, in particolare sul metabolismo proteico. Nella sarcopenia la perdita di massa muscolare e la conseguente perdita di forza sono accompagnate anche da una minore funzionalità dei muscoli che può generare: ⦁ Instabilità posturale. ⦁ Alterazioni della termoregolazione. ⦁ Peggiore trofismo osseo (manca lo stimolo della contrazione). ⦁ Modificazione dell’omeostasi glucidica (manca deposito e consumo). ⦁ Riduzione della produzione basale di energia. Una delle funzioni più importanti dell’apparato muscolo scheletrico nella salute metabolica è la capacità di immagazzinare glucosio (carboidrati) sotto forma di glicogeno e utilizzarlo come combustibile ogni volta che è necessario muoversi. La massa muscolare è essenziale ai fini della riserva di glicogeno. Un chilo di muscolo contiene circa 18 grammi di glicogeno. Questo significa che, quando ingeriamo carboidrati, gli stessi sono immagazzinati nel fegato (1/3), a patto che sia sano e il restante nei muscoli (2/3) a patto che ve ne siano a sufficienza. Più muscoli abbiamo e più zuccheri siamo perciò in grado di immagazzinare. Con pochi muscoli, gli zuccheri, rimanendo nel torrente ematico possono creare nel tempo problemi di salute anche importanti come diabete di tipo II, aumento degli AGE (prodotti finali di glicosilazione), ALEs e grasso viscerale, sottocutaneo e intramuscolare (IMTG). Nonostante la sarcopenia non possa essere arrestata dall’attività fisica, la scarsità di movimento e soprattutto l’assenza di carichi di forza sul muscolo ne accelerano la progressione. L’inattività aumenta il catabolismo proteico, riduce la capacità di reclutamento muscolare e facilita i fenomeni di denervazione conducendo i soggetti a un più rapido declino delle abilità motorie. Anche il livello degli ormoni anabolici (il testosterone negli uomini e gli estrogeni nelle donne) decresce con l’età, e questo sembra favorire lo sviluppo della sarcopenia. COME STIMOLARE L’IPERTROFIA? L’ipertrofia muscolare è un fenomeno molto complicato che deve creare stress di tipo meccanico, metabolico e ormonale alterando l’omeostasi della muscolatura oltre che dell’intero organismo. L’allenamento deve portare al deposito di nuove proteine attraverso variazioni di pH, aumento di IGF-1, stress e deformazione meccanica oltre che della concentrazione del calcio. Attraverso la variazione dello stimolo allenante sul sistema nervoso, immunitario ecc si va ad agire sulla via dell’IGF-1 e insulina. IGF-1: L’IGF-1 (Insulin Growth Factor-1) si divide in due sottocategorie chiamate rispettivamente IGF-1Ea e IGF1-Ec o Mechano Growth Factor (MGF). È prodotto a livello muscolare e non epatico e assolve la funzione principale nell’attivazione delle cellule staminali muscolari per l’avviamento dei processi di riparazione e d’ipertrofia muscolare. È un agente anabolico sistemico a “lungo termine”. Quando cala MGF, si ha picco IGF, a 7-11 giorni dal danno tissutale. Si lega a una proteina nel sangue che ne stabilizza i livelli, da pochi minuti fino ad alcune ore. L’intervento dell’IGF-1 a seguito del danno ai tessuti avviene indipendentemente dalla presenza dell’ormone GH. L’IGF-1 prodotto in forma sistemica è costituito dall’IGF-1Ea ed è prodotto nel fegato e nei muscoli ed è secreto sempre come risposta allo sforzo muscolare. Ambedue i tipi di IGF-1 promuovono i processi di riparazione e ipertrofia, ma mentre il MGF entra in azione prima dando il via alla fusione delle staminali che aumentano allo stesso tempo di densità, l’IGF-1Ea entra in azione in seguito differenziando le staminali e consentendone la trasformazione in fibre muscolari. Come detto in precedenza riguardo al MGF ed entrando nello specifico, la produzione e il picco di MGF avvengono immediatamente come risposta al danno tissutale (nel giro di 8-10 minuti), rimanendo in circolo per qualche giorno per poi declinare in corrispondenza dell’aumento dell’IGF1-Ea il quale ha il suo picco 7-11 giorni dopo il danno tissutale. Appare dunque evidente quindi come il vero agente anabolico entro poco tempo sia l’IGF-1 non nella sua forma sistemica, bensì in quell’autocrina. IGF-1 e allenamento al cedimento La letteratura scientifica riguardo al cedimento come tecnica usata di continuo indica che, nel tempo, porta a una diminuzione della prestazione massimale e a un consistente abbassamento di ormoni quale il testosterone e IGF-1. L’introduzione nel programma d’allenamento di tecniche a esaurimento va molto bene ma devono essere alternate ad altri sistemi e non mantenute sempre e solo per tutto l’anno. Goldring K, Partridge T, Watt D (2002). Muscle stem cells. J Pathol, 197(4): 457-467 ESTETICA - SALUTE L’allenamento muscolare deve prevedere: ⦁ Fasi d’eccentrica; dove i recuperi tra un allenamento e l’altro saranno più lunghi (per via di possibili e ricercate lesioni connettivali). ⦁ Fasi di forza; in modo da poter aumentare in seguito i carichi quando lavoreremo con i criteri dell’ipertrofia. ⦁ Resistenza; perché studi recenti la indicano come integrativa ai fini dell’ipertrofia e della completezza dell’allenamento. Lo studio di seguito mostra l’importanza dell’alternanza degli stimoli che devono essere sempre e continui in modo da non lasciare mai nulla al caso. Lo studio evidenza che soggetti allenati con basse ripetizioni (8-12) rispetto ad alte (30) ha migliorato l’ipertrofia. Naturalmente, alla base, per fare sintesi proteica, dovrò avere sufficiente energia. Basse calorie, niente sintesi proteica. Durante le diete ipocaloriche il nostro organismo ha bisogno di energia per funzionare utilizza prima di tutto le riserve proteiche piuttosto che quelle lipidiche. Spesso, inoltre alla dieta si associa un aumento dell’attività fisica che necessita pertanto di substrato energetico al fine di aumentare e non intaccare la massa muscolare. Allenarsi troppo spesso e soprattutto nello stesso modo, farà sì che il muscolo diminuirà le dimensioni per mancanza di stimoli e recuperi che consentono l'adattamento e non il miglioramento. Ogni atleta di livello deve sempre mettere “qualcosa di suo” nell’allenamento e deve sempre essere in grado di capire il limite giornaliero e se e quando variare. Mediamente, un allenamento condotto ad alto volume e intensità deve prevedere recuperi attorno a 3/4 giorni. Nel caso di muscolo “carente”, avrebbe senso allenarlo solo uno o massimo due volte la settimana? Come possiamo fare a coniugare simmetria, sviluppo, carichi, recupero, obiettivo? Se ad esempio il muscolo da migliorare fosse il gluteo, lo potremmo stimolare con molti esercizi o con enfasi maggiore sull’anca (abduzioni, estensioni, hip thrust, stacchi gamba tese o semitese) o sul ginocchio (squat, lunge, step-up, ecc.) alternando forza, ipertrofia, resistenza, eccentrica, concentrica, cedimento, dropoff, ecc. Lo squat e gli affondi hanno una rilevanza importante soprattutto nella fase eccentrica e dovranno perciò recuperare maggiormente rispetto alle abduzioni o estensioni dell’anca. A questo punto l’allenamento potrebbe essere distribuito come segue. ⦁ Lunedì: squat forza (4x5/6) (maggiore enfasi sulla zona bassa del gluteo e sull’articolazione del ginocchio); maggiore enfasi in eccentrica. Da abbinare a esercizi tipo step-up (alte ripetizioni). ⦁ Martedì: hip thrust8-12 ripetizioni (maggiore enfasi sulla zona alta del gluteo e sull’articolazione dell’anca), da abbinare più stacco semitese (più concentrica). ⦁ Giovedì: affondi (ginocchia, eccentrica) da abbinare ad adduzioni ai cavi (anca, concentrica). ⦁ Venerdì: estensioni dell’anca, abduzioni da abbinare a leg curl (ginocchio) con ripetizioni >20 (resistenza). L'attività muscolare durante un esercizio è strettamente legata alla tensione muscolare (Alkner et al., 2000; Miller, 2014) fondamentale per stimolare un muscolo a crescere (Schoenfeld, 2010). Il muscolo cresce solo recuperando e adattandosi a uno stimolo per crearne poi uno nuovo. La bassa attivazione muscolare equivale a scarsa tensione che porta a stimolo basso e a relativo breve tempo di recupero. L'alta attivazione muscolare equivale a tensione alta, che porta a uno stimolo maggiore e che richiederà un tempo di recupero e di adattamento più lungo. Se consideriamo lo squat e l’hip thrust, allo squat, il picco di tensione avviene in basso, quando i glutei sono allungati. Per il thrust il picco di tensione avviene in alto, quando i glutei sono accorciati. Tradotto in pratica, esercizi a ROM maggiore e alti carichi richiedono tempo di recupero superiore (squat, lunge, ecc), quelli a ROM minore (thrust, abduzioni, ad esempio), di recupero inferiore probabilmente perché carichi alti e maggior lavoro in eccentrica portano maggiore rottura connettivale (e relativo rilascio CPK) che stimolerà le cellule satellite alla riparazione e di conseguenza all’ipertrofia. Gli studi sul lavoro in eccentrica hanno dimostrato la necessità di maggior tempo di recupero tra un allenamento e l’altro di almeno settantadue ore (Clarkson et al., 1986; Gibala et al., 1995; Gibala et al., 2000; Nosaka et al., 2002). Rispetto al lavoro maggiore in concentrica (24 ore di recupero). Un esempio di esercizio di enfasi in eccentrica è lo squat completo poiché il controllo del carico e la tensione aumentano con la discesa. D'altra parte, abduzioni con elastici sono pesanti nella spinta in alto e più leggeri quando si scende (perché la resistenza elastica diminuisce). È chiaro che lo squat completo enfatizza la parte eccentrica del movimento, Hip thrust quella concentrica. L’adattamento potrebbe riguardare il recupero, tre giorni per lo squat, uno per il thrust. McHugh & Pasiakos, 2004; Nosaka et al., 2005; Soares et al., 2015. Una recente meta-analisi ha concluso che lavorare un gruppo muscolare due volte la settimana porta a risultati superiori per l'ipertrofia rispetto a una volta la settimana (Schoenfeld et al., 2016). Per la mia esperienza e studi sul campo da minimo due volte la settimana per tutto il corpo fino a sei volte la settimana (300% di lavoro in più) per i muscoli carenti. Un muscolo carente DEVE essere allenato in modo maggiore, a volte ricercando lo scarso sviluppo in cause posturali, altre in quantità e qualità di lavoro insufficiente. La variazione continua di carico, sistema, esercizio porta sempre a risultati, allenarsi meno no! Riferimenti bibliografici: ⦁ Paoli Antonio, Toniolo\ Luana, Basi fisiologiche dell’ipertrofia muscolare gennaio 2009 ⦁ Heinemeier KM, Olesen JL, Schjerling P, Haddad F, Langberg H, Baldwin KM, Kjaer M. Short-term strength training and the expression of myostatin and IGF-I isoforms in rat muscle and -tendon: Differential effects of specific contraction types. 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  • VIAGGIO NEL MONDO DEL GRASSO

    Di Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi MFS Nove miliardi di euro l'anno è la spesa sociale che si sobbarca lo stato italiano (noi) riguardo all'obesità. Che la lotta riguardo alla perdita di massa grassa sia un business lo sappiamo, così come siamo consapevoli dell'inutilità di diete lampo che sono, oltre che inutili, anche dannose. Le persone, dal punto di vista biochimico, differiscono ampiamente tra di loro, pur avendo spesso una tendenza ereditaria ad accumulare grasso corporeo. Questo sembra ovvio ma, alcune teorie hanno evidenziato che ogni persona è preposta ad essere a un determinato livello di grasso corporeo e che il corpo tornerà sempre a questo livello. Niente di più sbagliato! La quantità di lipidi abituali non è definita da geni ma è causata da ciò che si fa e da ciò che si mangia. Il grasso dipende molto dallo stile di vita. Il corpo non ha un sistema di riferimento interno ma ha solamente un “livello abituale”. Se si rimane ad un livello particolare di grasso per uno, due o più anni, svilupperemo cellule adipose, capillari, enzimi, nervi periferici, ormoni e tessuti connettivi per supportarlo. Il nostro corpo riconoscerà il proprio livello di grasso e lo difenderà strenuamente. Questo è chiamato "fat point" (soglia adiposa). L’organismo controlla costantemente questa soglia con dei messaggeri ormonali che allertano il cervello anche quando un solo grammo di grasso è utilizzato come carburante. Appare quindi scontato che la solita pubblicità “dieci chili in dieci giorni” non può funzionare nel modo più assoluto. Abbassando il metabolismo, aumentano le riserve di grasso, aumenta l’appetito e, quindi, il "fat point" è ancora più ben difeso. Alcuni studi dimostrano che ci vogliono anni prima di ingrassare, pur mangiando molto. In altre parole il corpo sposta questa soglia verso l’alto molto lentamente. Per spostarlo verso il basso, bisogna operare nello stesso modo, cioè altrettanto lentamente. La prima regola per la diminuzione del grasso corporeo è di perderne al massimo mezzo chilo per settimana (perdita fisiologica alternando giorni di ipocalorica, isocalorica a ipercalorica). Oltre potrebbe essere un segnale di allarme non corretto. Nel primo periodo (1-2 mesi) si vedranno dei cambiamenti non importantissimi ma, successivamente, la percentuale di grasso scenderà anche del 3-6%. Nel frattempo, però, avremo rimodellato cellule adipose, ormoni, enzimi, capillari e gli altri tessuti. A seconda della percentuale di grasso iniziale si tornerà alla normalità senza aver intaccato una singola difesa corporea. VIAGGIO NEL MONDO DEL GRASSO La FM (Fat Mass o massa grassa) è la differenza tra peso corporeo e massa magra (FFM Fat Free Mass). Per massa grassa si intende la parte di massa (peso) di un organismo costituita dall'organo adiposo, ovvero dal grasso corporeo. La massa grassa comprende a sua volta il tessuto adiposo bianco, bruno e i trigliceridi intramuscolari, oltre che il grasso essenziale. La massa grassa si definisce per la quantità di adipociti e il loro grado di riempimento. La quantità di adipociti in un organismo dipende da fattori genetici e ormonali, mentre il riempimento varia a seguito di stati di nutrizione ipo o ipercalorica o di differenza sostanziale tra cibo introdotto e calorie spese. Le situazioni che promuovono la proliferazione di adipociti, a lungo andare, portano a sovrappeso, i fattori che fanno deperire gli adipociti portano invece a sottopeso. Le funzioni del tessuto adiposo bianco o giallo sono: ⦁ Funzione meccanica: occupa interstizi, riveste ⦁ nervi, ⦁ vasi e i ⦁ muscoli, riempie alcuni interstizi del ⦁ midollo osseo e funge da "cuscinetto" protettivo in parti del corpo diverse in base all'età e al sesso. ⦁ Funzione termoisolante: il grasso non conduce il calore, per cui non disperde il calore generato dall’organismo. ⦁ Funzione di riserva: la ⦁ membrana citoplasmatica dell’adipocita contiene la lipoproteinlipasi, un enzima che scalza i lipidi dalle loro proteine vettrici (lipoproteine epatiche o chilomicroni enterici) e li scinde in ⦁ glicerina e ⦁ acidi grassi che passano la membrana ed entrano nel ⦁ citoplasma, dove sono riconvertiti in ⦁ lipidi. La conversione in lipidi può essere anche fatta da ⦁ glucosio. Inoltre, gli adipociti possiedono anche la lipasi ormone-dipendente, che agisce tagliando i trigliceridi in glicerina e acidi grassi, su stimolo dell´⦁ ormone della crescita, ⦁ testosterone, ⦁ glucagone, dell’⦁ adrenalina, della ⦁ tiroxina, della ⦁ triiodotironina e del ⦁ neurotrasmettitore ⦁ noradrenalina. Questo fa sì che i prodotti della lisi fuoriescano dalla cellula e s’attacchino all’⦁ albumina ematica per essere portati dove ce n’è bisogno. Oltre a queste tre, ci sono altre importanti funzioni di questo tessuto come parte integrante della regolazione dell'appetito e della regolazione del metabolismo oltre che coinvolto nelle funzioni della fertilità umana. Regola inoltre in misura rilevante la formazione e la differenziazione di cellule ematiche, è coinvolto nei processi della coagulazione del sangue e gioca un ruolo centrale in diversi meccanismi di difesa immunitaria aspecifici e specifici, cellulari e umorali. Nel caso di infezioni, libera dei mediatori immunitari che attivano e stimolano le difese immunitarie. Gli estremi stati di sottopeso (BMI<18 kg/m^2) e di sovrappeso (BMI>42 kg/m^2) possono indurre stati infiammatori cronici. Il cortisolo e gli androgeni lo fanno accumulare prevalentemente nell'addome e in generale nella parte alta del corpo (biotipo androide), mentre gli estrogeni tendono a distribuirlo soprattutto nella zona glutei, cosce, arti inferiori (biotipo ginoide). La massa grassa di un uomo adulto sano è di circa 10-15%, di una donna il 20-25% del peso, altrimenti è considerato sottopeso (se ne ha molto meno) o sovrappeso (se ne ha poco più) oppure è affetto da obesità (più o meno grave, secondo la quantità di grasso). È impossibile che cellule di questo tipo muoiano spontaneamente, mentre è possibile che si riduca di molto il loro volume, soprattutto con l'esercizio fisico. D'altro canto recenti ricerche hanno dimostrato come una dieta ricca di grassi idrogenati possa favorire la trasformazione degli adipociti in "adipoblasti" che, riproducendosi, provocherebbero l'ispessimento dello strato adiposo. Il tessuto adiposo bruno BAT (BROWN ADIPOSE TISSUE) è costituito da cellule adipose multiloculari (al contrario dei normali adipociti non hanno un'unica goccia lipidica ma tante piccole gocce che aumentano la superficie di combustibile esposta al citosol e lo rendono quindi più disponibile per il metabolismo cellulare), è molto scarso nell’uomo adulto e appare brunastro se osservato al microscopio ottico, sia per la presenza massiccia di mitocondri che per l'elevata vascolarizzazione. Il tessuto adiposo bruno ha esclusivamente la funzione di produrre calore perché i mitocondri delle cellule adipose multiloculari hanno meno ATP sintetasi, l'enzima che catalizza la sintesi dell'ATP, a partire dall'ADP, da fosforo inorganico e dall'energia derivante dalla respirazione cellulare. LEPTINA E GRELINA: La leptina e la grelina  sono due ormoni che giocano un ruolo fondamentale nei meccanismi molecolari che regolano l’appetito e il senso di sazietà, insieme ad alcuni processi mentali. Il cervello, infatti, è in grado di controllare il metabolismo basandosi sulle aspettative. Tali effetti dipendono sempre dai segnali nell’ipotalamo: la regione del cervello deputata a mantenere l’equilibrio energetico. Vediamo come questi due aspetti, quello mentale e quello legato agli ormoni, interagiscono determinando l’accumulo di chili. La leptina è l'ormone che rappresenta lo stato delle riserve lipidiche dell'organismo ed è secreto principalmente dalle cellule adipose bianche. Più mangiamo e più accumuliamo grasso e maggiore è la concentrazione di leptina nel sangue. Le persone obese hanno livelli molto elevati di leptina. La secrezione non è però influenzata solo dal grado di adiposità e dal bilancio calorico, ma anche dalla concentrazione ematica di alcuni ormoni come testosterone, estrogeni, adrenalina e glucocorticoidi. Non è  stato a oggi chiarita l'influenza dell'attività fisica sulla sua secrezione ma sembrerebbe che quando l'attività fisica è superiore all'introito calorico avvenga un abbassamento dei livelli di leptina, cioè una diminuzione dell'attività termogenica. Si può comunque ipotizzare che un deficit calorico prolungato (testimoniato da un calo di leptina) dovuto ad allenamenti troppo dispendiosi e non supportati da una dieta adeguata possa causare uno stato di affaticamento che può sfociare nell'overtraining.  Se la leptina regola le quantità di cibo da assumere, la grelina, invece, stimola l’appetito. Oltre che nello stomaco, è prodotta dai neuroni in una zona dell’ipotalamo e aumenta in caso di stress cronico, una condizione che favorisce l’assunzione di cibi altamente calorici e ricchi di grassi (“comfort food”). È IL GRASSO VISCERALE, tipicamente maschile, e non quello sottocutaneo a creare possibili problemi di salute riducendo statisticamente l’aspettativa di vita. A parità di grasso, averlo vicino agli organi anziché essere distribuito in modo omogeneo si traduce in un aumento dei rischi per la salute. Il grasso addominale è predittivo di possibili problemi cardiovascolari, anche se c’è da aggiungere che è un grasso più facilmente attaccabile dall’allenamento e dall’alimentazione. Nei giovani adulti circa la metà del grasso corporeo è sottocutaneo, il resto è grasso profondo o viscerale e con l’invecchiamento aumenta fisiologicamente rispetto a quello sottocutaneo. Il grasso viscerale è strettamente correlato all’aumento di produzione di interleuchina 6 (IL6), molecola infiammatoria a sua volta legata a problemi come diabete e infarto (Istituto Superiore di Sanità Italiana e Americana; “Diabetes”). Il 40% delle persone in apparenza magre presentano un accumulo di grasso viscerale. Secondo uno studio pubblicato su “Lancet”, condotto su 168.159 pazienti, un’elevata obesità addominale al momento dell’infarto è presente nel 46,5% degli uomini e nel 45,6% delle donne. La semplice presenza di obesità addominale aumenta di oltre il doppio il rischio di infarto nella popolazione in esame rispetto a quella di controllo. L’obesità addominale da sola appare responsabile di quasi un infarto su cinque in entrambi i sessi. Dall’altra parte il grasso gluteo-femorale, quello tipicamente femminile, espone meno a possibili problemi cardiovascolari, anche se è un grasso scarsamente attaccabile e ben difeso dalla barriera enzimatica e ormonale. Ad esempio, l’enzima deputato ad accumulare grassi, l’AT-LPL o lipasi-lipoproteica ha un’attività sviluppata soprattutto nella zona gluteo-femorale, ed è regolata da estrogeni e progesterone, ormoni tipicamente femminili (Ltchell & Boberg, 1978). Il post-menopausa rappresenta il periodo di maggior predisposizione per l’aumento del grasso viscerale. In tal caso il rischio diventa simile o uguale a quello del maschio. Il tessuto adiposo viscerale sembra essere il tipo di grasso più pericoloso per la salute perché più connesso con il rischio cardiovascolare, l'insulinoresistenza, il diabete di tipo 2, varie complicanze metaboliche e l'aterosclerosi. Sebbene dissociato dal grasso viscerale, anche il grasso sottocutaneo addominale è connesso con il grasso viscerale tramite l’esposizione a patologie come l'insulinoresistenza. Sebbene il grasso viscerale sia il sito di accumulo lipidico maggiormente associato alle malattie metaboliche, di recente sono state segnalate anche delle correlazioni tra il grasso viscerale e il grasso epatico, ed è stato osservato che un aumento del grasso epatico sia associato alle stesse anomalie metaboliche legate ad un aumento del grasso viscerale. Di conseguenza, il grasso sottocutaneo addominale e il grasso intraepatico sono connessi entrambi con le stesse problematiche legate al grasso viscerale. Il grasso viscerale o VISCERAL ADIPOSE TESSUE (VAT) è più soggetto alla lipolisi, cioè al processo metabolico che prevede il catabolismo o la mobilizzazione dei grassi depositati, i trigliceridi, che vengono scissi a tre molecole di acidi grassi e una di glicerolo e immessi nel torrente sanguigno tramite la vena porta. Il VAT è sensibile all'azione delle catecolammine (adrenalina, noradrenalina), molecole associate al processo della lipolisi. La noradrenalina sembra inoltre avere un effetto maggiormente lipolitico rispetto all'adrenalina. È inoltre meno sensibile all'insulina, ormone che provoca il processo inverso, la lipogenesi, cioè il deposito o l'accumulo di grassi (ingrassamento). Le catecolamine sono prodotte in particolari condizioni come l'attività fisica, l'ipoglicemia, o l'esposizione al freddo. Non a caso la perdita di grasso indotta dall'esercizio fisico è maggiore nel tessuto adiposo viscerale e sottocutaneo a livello addominale, rispetto ad altre aree come quella femorale. Per la precisione è stato riscontrato che i depositi di grasso viscerale hanno il maggiore tasso di turnover, i depositi di grasso sottocutaneo a livello addominale (posto più superficialmente rispetto a quello viscerale) hanno un tasso intermedio, mentre i depositi sottocutanei nella zona gluteo-femorale subiscono un ricambio relativamente più lento. Infatti anche le cellule adipose sottocutanee a livello addominale sono più sensibili all'effetto lipolitico delle catecolammine rispetto alle cellule adipose sottocutanee situate nella regione della coscia. Quindi la lipolisi degli adipociti a livello omentale (a livello profondo) sono più sensibili alla stimolazione β-adrenergica se comparati agli adipociti sottocutanei addominali, mentre sono meno sensibili alla soppressione della lipolisi da parte dell'insulina in entrambi i sessi. Elevati livelli di insulina sopprimono la lipolisi per circa la metà nel tessuto adiposo viscerale rispetto alle regioni corporee inferiori. Riassumendo, il grasso addominale (viscerale) porta a maggiori problemi cardiovascolari, ma è più facile da smaltire con allenamento e alimentazione. Il Grasso gluteo-femorale crea scarsi problemi cardiovascolari, ma è difficile da smaltire con allenamento e alimentazione. Differenze regionali sono state ritrovate anche nella captazione di glucosio basale o indotta dall'insulina. La captazione di glucosio è maggiore nel grasso viscerale rispetto a quello sottocutaneo per via di una maggiore distribuzione dei trasportatori di glucosio GLUT-4. Tuttavia, mentre gli adipociti viscerali sono resistenti all'effetto anti-lipolitico dell'insulina se comparati agli adipociti addominali sottocutanei, non sono state osservate differenze nella captazione di glucosio legate alla sensibilità insulinica. I risultati suggeriscono che l'azione dell'insulina può essere diversamente alterata a seconda delle zone di accumulo adiposo negli individui con obesità viscerale, e sarebbero poco legati alle differenze regionali nelle dimensioni degli adipociti. Negli uomini e donne sani, circa il 5-10% degli acidi grassi liberi (FFA) immessi nella vena porta originano dalla lipolisi del grasso viscerale. Esperimenti in vivo dimostrano che anche se la lipolisi del tessuto adiposo viscerale contribuisce di norma a rilasciare una ridotta proporzione degli FFA totali in circolo, il contributo dei depositi viscerali aumenta fino al 50% nel rilascio di FFA in caso di accumulo di grasso viscerale. Se è presente un eccesso di grasso viscerale e si tende a rilasciare grasso nel sangue costantemente, il metabolismo si orienterà più su di essi. Lasciando da parte gli zuccheri. Si verranno inevitabilmente a creare dei picchi di glicemia cronica con un più probabile insorgere o peggiorare dell'insulinoresistenza. Il rilascio di acidi grassi durante la lipolisi sarebbe positivo se questi venissero utilizzati per il dispendio energetico. In caso contrario diventa un problema e l'insulinoresistenza ringrazia. Dal momento che l'eccesso di grasso viscerale è positivamente correlato con un aumento della lipolisi e dell'insulinoresistenza, il rilascio di FFA da questo tessuto altamente sensibile viene incrementato in particolari condizioni. La lipolisi aumenta in proporzione all'accumulo di grasso viscerale, quindi per gli uomini e le donne con una predisposizione all'accumulo in questa area, tale tessuto contribuisce al rilascio di circa il 50% degli FFA nella vena porta. In base a queste conclusioni, il grasso viscerale è connesso con alti livelli di VLDL nel periodo post-prandiale nei soggetti insulinoresistenti. Di conseguenza l'aumento del flusso di FFA nella vena porta può contribuire ad alterare la funzione epatica (le VLDL sono prodotte dal fegato). Il Tessuto adiposo sottocutaneo o periferico detto anche Grasso sottocutaneo o periferico, all'inglese Subcutaneous adipose tissue (SCAT) o Subcutaneous fat, rappresenta quella parte del tessuto adiposo bianco (WAT) situata al di sotto della pelle, la cui distribuzione è prevalente nelle zone inferiori del corpo (zona gluteo-femorale) e nell'area addominale superficiale. Anche il tessuto adiposo sottocutaneo addominale può essere una tipica zona di accumulo, che non è da confondere con il tessuto adiposo viscerale, quello cioè addominale profondo, situato tra organi interni. Come è stato detto, il grasso sottocutaneo addominale e il grasso viscerale sono uniti dallo stesso comun denominatore: l'insulinoresistenza e patologie metaboliche. È stato dimostrato che il tessuto adiposo sottocutaneo è la maggiore fonte di acidi grassi liberi (FFA o NEFA) circolanti, e contribuisce al rilascio nel sangue di più dell'85% degli FFA, al contrario del grasso viscerale, che in condizioni normali contribuisce al rilascio di solo il 5-10% degli FFA. Rispetto al grasso viscerale, il grasso sottocutaneo è più sensibile all'azione lipogenetica (accumulo di grasso) dell'insulina, l'ormone responsabile dell'accumulo di grassi nel tessuto adiposo. Questo significa che l'attività dell'insulina (prevalentemente in risposta all'ingestione di carboidrati) sopprime maggiormente il rilascio di grassi (lipolisi) nel tessuto adiposo sottocutaneo. La lipolisi è il processo metabolico che prevede il catabolismo o la mobilizzazione dei grassi depositati, i trigliceridi, che vengono scissi a tre molecole di acidi grassi e una di glicerolo e immessi nel torrente sanguigno. È stato osservato che l'insulina sopprime la lipolisi, per circa la metà nel tessuto adiposo viscerale rispetto ai depositi sottocutanei delle regioni inferiori. In altri termini il grasso viscerale è più facilmente soggetto al rilascio di acidi grassi nel sangue rispetto a quello sottocutaneo perché meno sensibile all'attività insulinica. Tale osservazione coincide col fatto che i depositi di grasso viscerale hanno il maggiore tasso di turnover (ricambio), i depositi di grasso sottocutaneo a livello addominale (posto più superficialmente rispetto a quello viscerale) hanno un tasso intermedio, mentre i depositi sottocutanei nella zona gluteo-femorale subiscono un ricambio relativamente più lento. Un altro motivo per cui il grasso sottocutaneo è meno soggetto al ricambio e al rilascio o mobilizzazione di acidi grassi, è la minore sensibilità alle catecolamine se comparato al grasso viscerale. La catecolamine, essenzialmente rappresentate da adrenalina e noradrenalina, sono associate al processo della lipolisi. Per la precisione, in linea con i punti precedenti, gli adipociti a livello viscerale sono più sensibili alla lipolisi e dunque alla stimolazione β-adrenergica delle catecolamine se comparati agli adipociti sottocutanei addominali, che a loro volta sono più sensibili all'effetto lipolitico delle catecolamine rispetto alle cellule adipose sottocutanee situate nelle regioni inferiori. I trigliceridi intramuscolari, o intramiocellulari, o grasso intramuscolare, talvolta denominati con l'acronimo IMTG, dall'inglese Intra Muscular Tri-Glycerides, rappresentano i depositi di lipidi (trigliceridi) situati all'interno del muscolo scheletrico. Questa componente costituisce approssimativamente circa il 10-15% del volume della cellula, ed è maggiormente presente nelle fibre rosse (o di tipo 1), naturalmente provviste di maggiori depositi per il loro metabolismo in prevalenza aerobico. Gli IMTG non sono da confondere con i trigliceridi extramuscolari, extracellulari, o intermuscolari, cioè i depositi posti tra le fibre muscolari, e non all'interno dei miociti. La mobilitazione e/o ossidazione degli IMTG durante l'esercizio fisico sembrano essere in gran parte determinate dal tipo, dall'intensità, e dalla durata dell'esercizio, dalla composizione di macronutrienti nella dieta, dallo stato di allenamento, dal sesso, e dall'età. Inoltre, evidenze indirette suggeriscono che la capacità di mobilitare e/o ossidare IMTG è sostanzialmente compromessa nell'obesità e/o nello stato di diabete mellito di tipo 2. Il grasso epatico, detto anche grasso intraepatico (IHF) o trigliceridi intraepatici (IHTG), rappresenta le riserve di grasso situate nel fegato. Il grasso contenuto nel fegato che non è correlato al consumo cronico di alcol, denominato steatosi epatica non alcolica (NASH, non-alcoholic hepatic steatosis o NAFLD, nonalcoholic fatty liver disease), è strettamente legato all'obesità, al diabete mellito di tipo 2 e alla severa insulinoresistenza. La steatosi epatica non alcolica (NAFLD) colpisce circa il 30% degli adulti e una maggioranza degli individui obesi. Gli obesi più anziani sono esposti ad un rischio particolarmente elevato per lo sviluppo della steatosi epatica non alcolica (NAFLD) perché sia l'obesità che l'invecchiamento sono associati ad un aumentato accumulo di grasso epatico. Oltre ad aumentare la morbilità e la mortalità per malattie del fegato e cancro, il grasso epatico in eccesso rappresenta un fattore indipendente di rischio per le malattie cardiovascolari, l'insulino-resistenza, il pre-diabete e il diabete di tipo 2. Sebbene il sito di accumulo lipidico maggiormente associato alle malattie metaboliche sia il tessuto adiposo viscerale, di recente sono state segnalate delle correlazioni tra il grasso viscerale e il grasso epatico, ed è stato osservato che un aumento del grasso epatico sia associato alle stesse anomalie metaboliche legate ad un aumento del grasso viscerale. Pertanto, è stato suggerito che non sia dannoso il grasso viscerale di per sé, quanto piuttosto sia il grasso epatico la causa delle complicanze metaboliche dell'obesità. Il grasso corporeo essenziale o primario rappresenta nell'uomo quella parte del gasso corporeo necessario per le normali funzioni fisiologiche del corpo. Queste riserve sono le componenti minori della totale massa grassa (Fat mass, FM), assieme alle riserve lipidiche. Contrariamente a quanto si possa comunemente pensare, il grasso primario viene incluso anche all'interno della massa magra (Lean Body Mass, LBM) per la sua essenziale funzione fisiologica e per il fatto di non essere intaccato, in condizioni normali, dai processi di dimagrimento. Mentre questo viene escluso nel determinare la massa magra alipidica (Fat Free Mass, FFM), che rappresenta ciò che resta dell'organismo dalla completa privazione di tutta la componente lipidica. Ho seguito molti atleti e molte persone in questi anni. Da chi ha vinto un'olimpiade, un mondiale, campionati d'Europa a chi voleva semplicemente un fisico migliore. Molte volte sono riuscito a farli migliorare, alcune volte no. Questo mi ha fatto capire che solo continuando a studiare e a confrontarmi potrò essere in grado di essere d'aiuto per tutti. Il mio confronto quotidiano è con i colleghi, clienti, studiosi, atleti. Tutti sono in grado di essermi d'aiuto e ogni giorno imparo qualcosa. Vi sono persone o atleti che hanno dalla loro una genetica favolosa, fisici statuari ma che, nonostante questo, hanno ancora voglia di migliorare, per loro stessi prima di tutto, e questo attraverso sacrifici e rinunce. Esempi da imitare! Invece di vivere di rendita si allenano duramente e si alimentano con disciplina al contrario di molti che si sono invece rassegnati a convivere con le scuse per paura o convinzione di non farcela. Bibliografia Siamo quello che mangiamo, Chiara De Nigris, Claudio Suardi, Orazio Paternò Composizione corporea 2.0 Suardi & Paternò, ed. Leonardo Kraemer RR, Chu H, Castracane VD. Leptin and exercise. Exp Biol Med (Maywood). 2002 Oct;227(9):701-8. McGarry JD. Banting lecture 2001: dysregulation of fatty acid metabolism in the etiology of type 2 diabetes. Diabetes. 2002 Jan;51(1):7-18. Petibois C, Cazorla G, Poortmans JR, Deleris G. Biochemical aspects of overtraining in endurance sports: a review. Sports Med. 2002;32(13):867-78. Steinberg GR, Smith AC, Wormald S, Malenfant P, Collier C, Dyck DJ. Endurance training partially reverses dietary-induced leptin resistance in rodent skeletal muscle. Am J Physiol Endocrinol Metab. 2004 Jan;286(1):E57-63. Thong FS, Hudson R, Ross R, Janssen I, Graham TE. Plasma leptin in moderately obese men: independent effects of weight loss and aerobic exercise. Am J Physiol Endocrinol Metab. 2000

  • L'INUTILITA' DI PROGRAMMARE SENZA MISURAZIONI

    di Chiara De Nigris DSM e Claudio Suardi MFS Come tecnici UBI MAIOR ci teniamo a portarvi nel mondo delle misurazioni perché solo attraverso test seri e scientifici si possano stabilire le priorità dei nostri clienti e impostare e variare la programmazione in base a risultati oggettivi. Potremmo inoltre stabilire l'età biologica rispetto a quella anagrafica. La previsione dice che nel 2030 la popolazione con più 65 anni sarà più del 20% del totale rispetto a oggi. Le popolazioni anziane sono portatrici di ciò che è stato definito come "fragilità" che porta in modo ineluttabile a rischi di fratture, a problemi cardiovascolari oltre che della funzione neuromuscolare con evidenti conseguenze sull'autonomia soggettiva, rischi di cadute e limitazione sociali e ludiche. Lavorare su forza, mobilità, equilibrio e resistenza in modo oggettivo. L'allenamento della forza per troppo tempo è stato considerato inutile e pericoloso, ora è diventato di primaria importanza per i riflessi positivi che riguardano sarcopenia, osteoporosi, dimagrimento, autonomia, eccetera. I test proposti sono: ⦁ Rapidi e di facile esecuzione ⦁ Sicuri e privi di rischi ⦁ Poco costosi ⦁ Facilmente applicabili e in modo non invasivo Protocollo età anagrafica versus biologica: FORZA – GRIP (Forza arti superiori) FLESSIONE DEL GOMITO (forza arti superiori) FFM/H- (Qualità muscolare) SQUAT - Sit to Stand (Forza Arti inferiori) A ogni test corrisponderà una valutazione biologica da confrontare con quella anagrafica. SARCOPENIA E COMPETENZA DEL PERSONAL TRAINER 1. TEST - DINAMOMETRIA O HAND GRIP TEST HANDGRIP STRENGTH (HG; HGS; HS) - STIMA DELLA SARCOPENIA Il test della forza della mano, o della forza di contrazione dei muscoli flessori della mano, misura il picco di forza che diversi muscoli dell'arto superiore sono capaci di produrre (Su et al., 1994a) e può essere utilizzato come indicatore della forza muscolare generale (Bassey et al., 1993; Bassey, 1998). È stato utilizzato per la valutazione della fragilità (Fried et al., 2001) e per la definizione e la diagnosi della condizione di sarcopenia da parte dello “European Working Group on Sarcopenia in Older People. Sarcopenia: European consensus on definition and diagnosis” (Cruz-Jentoft et al., 2010). La dinamometria (in nutrizione applicata) può essere considerata come un valido strumento da affiancare all’analisi della composizione corporea (BIA) o al rapporto Massa Magra /Altezza (FFM/H) al fine di identificare e controllare i soggetti a rischio nutrizionale. Può rappresentare un utile indicatore dello stato di nutrizione nella popolazione (generale, obesa, geriatrica, patologica). Numerosi studi epidemiologici hanno identificato nella dinamometria della mano un predittore indipendente di mortalità, disabilità, morbosità e durata della degenza ospedaliera. Il protocollo prevede che si impugni il dinamometro e si mantenga la chiusura per almeno 2", sinistro e destro. Risultato: UOMO Rispetto all'età anagrafica SCARSO +2 ANNI MEDIO 0 ANNI BUONO - 3 ANNI 60-64 Destro 23,13 40,69 62,14 Sinistro 12,25 34,84 52,62 65-69 Destro 25,40 41,32 59,42 Sinistro 19,50 34,84 53,07 70-74 Destro 14,52 34,16 48,99 Sinistro 14,52 29,39 42,18 >74 Destro 18,14 29,80 61,24 Sinistro 14.06 24,95 53,98 DONNA  Rispetto all'età Anagrafica SCARSO +2 ANNI MEDIO 0 ANNI BUONO - 3 ANNI 60-64 Destro 16,78 24,99 34,93 Sinistro 7,71 20,73 29,94 65-69 Destro 15,88 22,50 33,57 Sinistro 13,15 18,60 28,58 70-74 Destro 14,97 22,50 35,38 Sinistro 10,43 18,82 30,39 >74 Destro 11,34 19,32 29,48 Sinistro 10,89 17,06 27,67 TEST 2: TEST DI FLESSIONE DEL GOMITO: ESEGUIRE IL NUMERO MASSIMO DI RIPETIZIONI IN 30" IL PROTOCOLLO PREVEDE 4 Kg PER GLI UOMINI E 2 Kg PER LE DONNE RISUTATO: SOTTO LA MEDIA = + 2 RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA NELLA MEDIA = 0 RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA SOPRA LA MEDIA = - 3 RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA __________________________________________________________________ TEST 3: FFM/H STIMA DI MASSA GRASSA OTTENUTA ATTRAVERSO FORMULE SPECIFICHE PER L'ETÀ; PESO - MASSA GRASSA = MASSA MAGRA ... MASSA MAGRA / H IN METRI = FFM/H SE IL VALORE OTTENUTO È DONNA <23 Kg/m (+2 RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA) UOMO <28 Kg/m (+2 RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA) DONNA TRA 24 e 30 Kg/m (-1 RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA) UOMO TRA 29 e 35 Kg/m (-1 RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA) DONNA > 30 Kg/m (-3 RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA) UOMO > 35 Kg/m (- 3 RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA) TEST 4: NUMERO DI SALITE DALLA SEDIA IN 30" SE INFERIORE AL VALORE MEDIO: +2 ANNI RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA SE NEL VALORE MEDIO: 0 ANNI RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA SE SUPERIORE AL VALORE MEDIO: -3 ANNI RISPETTO ALL'ETA' ANAGRAFICA PROTOCOLLO ETA' BIOLOGICA E ANAGRAFICA di C. SUARDI & C. DE NIGRIS COGNOME NOME ETA’ TEST RISULTATO GRIP TEST DINAMOMETRO PUNTEGGIO ARM CURL TEST FLESSIONI GOMITO IN 30” UOMO: 4 Kg DONNA: 2 Kg PUNTEGGIO FFM/H PUNTEGGIO POTENZA (SIT TO STAND) Numero SALITE IN 30” PUNTEGGIO Punteggio Età anagrafica Età biologica

  • IL PASTO DI RECUPERO DELLO SPORTIVO E LA RISPOSTA ORMONALE

    Di Chiara De Nigris, DSM & Claudio Suardi, MFS INTRODUZIONE Il contenuto dell'articolo è diretto allo sportivo, amatore e non, che svolge allenamenti ad alta intensità, sia di resistenza che di potenza. Solo questa tipologia di praticanti è in grado di produrre uno stress e una risposta ormonale che giustifica timing (momento opportuno), qualità e quantità di nutrienti da assumere rigorosamente nel post allenamento.  Il praticante sport a bassa intensità non crea uno stato di stress cardiovascolare/muscolare e un ambiente ormonale che richieda un immediato intervento nutrizionale, pena un adattamento (= più muscoli, meno grasso, più resistenza...) meno marcato allo stimolo allenante. Sport a bassa intensità vuol dire fare attività aerobiche con una frequenza cardiaca < 55% della propria frequenza massimale (salvo l'eccezione di soggetti con patologie o assolutamente a digiuno da attività fisica e di una certa età) o utilizzare pesi con carichi sempre inferiori al 50-60% del proprio massimale (fare sempre 15-20 o più ripetizioni, magari con lo stesso carico per mesi). Perchè si parla di pasto di recupero? Chi si allena ad alta intensità produce: a) danno ai tessuti muscolari e connettivali che devono essere riparati b) esaurimento (diminuzione) delle riserve di zuccheri (glicogeno) che devono essere ripristinate c)  l'esigenza di aumentare il numero e le dimensioni dei mitocondri, vere e proprie centrali elettriche del muscolo Chi si occupa di rimediare ai "danni" dell'allenamento? Una serie di ormoni e di enzimi ° Testosterone ° GH (ormone della crescita) ° Insulina ° IGF-1 ° Glicogeno sintetasi I "danni" dell'allenamento sono in realtà degli stimoli perchè l'organismo si adatti ad un livello prestativo migliore. A tal fine è bene che lo stimolo allenante sia di una intensità tale da "distruggere"(le riserve di zuccheri, le cellule muscolari, il connettivo...) per poter attivare la fase di ricostruzione di un edificio che sarà ora più pronto a sopportare nuove sollecitazioni. Avremo, in rapporto al tipo di allenamento, muscoli più grossi oppure più resistenti, un cuore più adatto a pompare parecchio sangue nell'unità di tempo e, scendendo nei dettagli microscopici, dei mitocondri più grandi e più numerosi e dei recettori ormonali più sensibili. Quali sono i migliori materiali da ricostruzione post allenamento? Attualmente si parla essenzialmente di PROTEINE/AMINOACIDI COMPLETI + CARBOIDRATI con delle proporzioni variabili in rapporto al tipo di sport. C'è stata anche una rivalutazione dell'aminoacido LEUCINA  che dovrebbe comparire come attore principale nella miscela di aminoacidi. Sia i carboidrati che le proteine in associazione producono effetti  migliori sulla sintesi di glicogeno e la sintesi proteica (=costruzione muscolare)  rispetto all'assunzione di soli carboidrati o sole proteine nel post allenamento. Il timing: quando e perché l'intervento nutrizionale Il momento migliore del pasto di recupero sarebbe nell'immediato post allenamento, cioè tra i 15' e l'ora dal termine dell'allenamento. Questo perchè è proprio in quello speciale lasso di tempo che gli "operai" della ricostruzione sono più attivi. Ma senza materiale per ristrutturare le proteine muscolari o ripristinare  le scorte di glicogeno gli "operai" possono fare ben poco. Infatti ormoni come il testosterone, il GH, l'IGF-1 necessitano di proteine o aminoacidi per "restaurare"le proteine muscolari, mentre l'insulina ha bisogno di carboidrati come segnale per entrare nel circolo ematico e mediare l'entrata degli zuccheri nelle cellule muscolari ed epatiche. Il pasto post allenamento è inoltre indispensabile  per smorzare la produzione del cortisolo, l'ormone dello stress. Se da una parte è un ormone fondamentale per generare un adattamento agli stimoli dell'allenamento, dall'altra un suo eccesso porta ad un fatale consumo dei muscoli come propellente per far fronte all'esigenza di energia. Ricordiamo che produzioni croniche ed eccessive di cortisolo sono legate ad un aumento del grasso viscerale. Anche l'enzima glicogeno sintetasi ha bisogno di carboidrati per avere i mattoni glucidici e mettersi all'opera. L'aggiunta di proteina non solo potenzia la produzione di insulina, ma stimola fattori di sintesi proteico-muscolare come il P70S6K e l'M-Tor. CARBOIDRATI: QUALI E QUANTI? La scienza è attestata su una porzione pari a 0,8-1,2 gr di carboidrati per Kg di peso corporeo. In generale si parla di 1 gr di carboidrati/kg di peso corporeo entro la prima ora post allenamento. Circa la qualità, lo sportivo, nel post allenamento, dovrebbe assumere quei carboidrati da cui il sedentario deve stare in guardia, cioè quelli ad alto indice glicemico: cereali glassati, bibite dolcificate, cornflakes, biscotti, fette biscottate con miele o marmellata, frutta matura e zuccherina, pane bianco, cracker e gallette di riso, succhi di frutta...Ecco una significativa differenza tra l'alimentazione dello sportivo e quella del sedentario. Ciò che fa bene all'uno, fa ingrassare l'altro. In termini semplici, gli zuccheri a rapida assimilazione (ad alto indice e carico glicemico) assunti nel post allenamento andranno a rimpolpare le riserve esaurite di zuccheri (glicogeno) di fegato e muscoli senza il pericolo che si trasformino in grasso. Cosa che succede nel sedentario dato che tali riserve, in genere, sono già piene. PROTEINE: QUALI E QUANTE? Tenendo fermo la quota di carboidrati attorno ad 1gr/kg, quella di proteine varierà dai 15 ai 30 gr totali a seconda del tipo di sport. Se ci si riferisce a proteine alimentari è meglio orientarsi verso quelle nobili, dotate di uno spettro completo di aminoacidi essenziali. Le  migliori fonti proteiche alimentari per lo spuntino post allenamento sono: formaggio magro, yogurt, grana (con moderazione), affettati magri, carne lessata, tonno in scatola. Altrimenti è più semplice fare affidamento alle proteine come supplementi, meglio se le proteine del siero del latte (alzano immediatamente l'aminoacidemia, cioè rendono subito disponibili molti aminoacidi in un momento in cui è alta la richiesta di materiale da ricostruzione). Le proteine della caseina sono meglio, invece, la sera prima di andare a letto o per chi non è riuscito a fare uno spuntino entro la prima ora post allenamento. Le proporzioni carboidrati-proteine in rapporto allo sport SPORT AEROBICO 4:1 SPORT MISTO 3:1 SPORT ANAEROBICO 2:1 Esempi su un soggetto di 70 kg: Sport aerobico (intensi allenamenti di corsa, nuoto, ciclismo): 70gr di carboidrati + 15 gr di proteine Sport misto (intensi allenamenti di calcio, basket, pallavolo, tennis...)  70 gr di carboidrati + 20-25 gr di proteine Sport  anaerobico (pesi, alzate di potenza, getto del peso, lancio del martello...) 70 gr di carboidrati e 30 gr di proteine Esempi pratici su spuntini post-allenamento: soggetto di 70 kg 70 gr di carboidrati e 25 gr di proteine 100 gr di crostata alla marmellata 1 scatoletta di tonno da 80 gr 20 gr di proteine in polvere 1 rosetta grande 1 arancia 3 albumi d'uovo 250 gr di yogurt magro 2 cucchiaini di miele 1 banana 50 gr di mandarini 1 rosetta piccola Per chi non vuole usare integratori proteici... Dove possiamo trovare la quota di proteine nobili indispensabili per il pasto post allenamento? 7-8 fette di bresaola (70 gr) 1 tazza di latte (250 ml) 2 vasetti di yogurt magro (250 gr) 5-6 fette di speck (50 gr) 30 gr di Grana Per i vegetariani, unire cereali e legumi per ottenere delle proteine complete 50 gr di lenticchie    1 rosetta e mezza (80 gr) Finisce tutto con una sola integrazione? Se è vero che il momento più importante per fornire materiale "edile" per la ristrutturazione è quello dell'immediato post allenamento, quando tale attività è all'apogeo,  è altrettanto vero che, pur a ritmi più blandi l'opera di ricostruzione avviene  per tutte le 24-48 ore dopo un allenamento particolarmente intenso. Ecco perchè l'atleta di resistenza deve privilegiare l'assunzione di cibi ad alto indice glicemico (che si trasformano rapidamente in glucosio) anche per tutto il resto della giornata (il suo obiettivo principe è quello di ripristinare le scorte di glicogeno). Oltre alla regolare quota proteica (1,2-1,4 gr/kg di peso corporeo di proteine-  Tarnopolsky). Dall'altra parte l'atleta di potenza deve garantire un afflusso continuo di aminoacidi (il suo obiettivo è quello di ricostruire le proteine muscolari) con l'alimentazione tradizionale, magari completata da un integratore di proteine (1,4-1,8 gr/kg di peso corporeo di proteine- Tarnopolsky). Oppure integrando l'alimentazione con prodotti a base di aminoacidi completi nella misura di  5-8 gr 3-4 volte al giorno (si parla di soggetti di 65-80 kg). Gli aminoacidi seguono un gradiente di concentrazione per entrare nei muscoli: vanno da dove ce ne sono di più a dove ce ne sono di meno. Come ho già detto, la sintesi proteica prosegue per tutto il giorno, a parte il picco post allenamento, per cui un continuo rifornimento soddisferebbe senza sosta la fame di aminoacidi da parte dei muscoli.  La regola vale anche per i giorni in cui non ci si allena. Per chi vuole integrare solo nei giorni di allenamento può seguire lo schema: mezzo grammo di aminoacidi essenziali EAA ogni 10 kg di peso corporeo 30' prima di allenarsi mezzo grammo di aminoacidi essenziali EAA ogni 10 kg peso corporeo post allenamento 1 gr ogni 10 Kg di peso corporeo prima di dormire Es: 80 kg di peso: 4 gr inizio, 4 gr fine, 8 gr prima di dormire Il pasto post allenamento e l'aggiunta di creatina... Alcuni studi hanno concluso un aumento della sintesi proteica se al pasto post allenamento si aggiungono 3 gr di creatina (ISSN-International Society of Sports Nutrition) Per chi integra con le proteine in polvere, meglio quelle del siero del latte, della soia o caseina? ° Siero del latte e della soia, dopo allenamento con i pesi, danno  un bilancio proteico-muscolare positivo ° Tuttavia, sono le proteine del siero del latte ad incrementare la massa muscolare più velocemente (Tarnopolsky, Clin. Nutr., 2007) ° Le proteine del siero del latte sono più solubili ed hanno una maggiore velocità di assorbimento ° La caseina tende a coagulare nello stomaco e a rilasciare gli aminoacidi più lentamente. Ideale prima di andare a letto, per  tenere alta l'aminoacidemia durante il lungo digiuno notturno Altri 5 esempi pratici (senza le quantità) di spuntini post allenamento 1) Fette biscottate con marmellata o miele, 1 frutto e yogurt 2) Cereali glassati, latte magro, pane bianco e prosciutto magro 3) Pane bianco, carne lessata, 1 frutto e 1 yogurt 4) Pane bianco, bresaola, scaglie di grana, 1 frutto 5) Fette biscottate, prosciutto magro, latte magro NEWS: la caffeina nel pasto di recupero Studi molto recenti hanno messo in luce il ruolo della caffeina nell'implementare la sintesi di glicogeno nel post allenamento. (Pedrsen e col., 2008). Il meccanismo di recupero del glicogeno stimolato dalla caffeina risulta diverso da quello stimolato dai carboidrati + proteine. Da cui la conclusione di consigliare, dopo intensi allenamenti di resistenza, la combinazione di CARBOIDRATI+PROTEINE+CAFFEINA La dose di caffeina: 2mg/kg/peso corporeo. Premesso che un caffé contiene 90-110 mg di caffeina un uomo di 75 kg dovrebbe assumere un caffè doppio Più precisamente, il pasto di recupero post allenamento aerobico di un uomo di 75  è ° 20 grammi di proteine complete °75 grammi di carboidrati °1 caffè doppio CONCLUSIONI: Chi fa sport ad intensità medio-alta  e vuole sfruttare al massimo i meccanismi di recupero post allenamento attraverso l'alimentazione/integrazione è bene che si abitui a fare uno spuntino entro 1 ora dal termine dell'allenamento. Meglio ancora se entro la prima mezz'ora. Solo in questo periodo la sintesi proteica (riparazione e crescita del tessuto muscolare) e la sintesi di glicogeno hanno un picco di attività che verrà sostenuta solo dall'intervento nutrizionale. Sintesi proteica e di glicogeno procedono senza sosta anche per 24 ore dal termine dell'allenamento intenso, ma a ritmi sempre più blandi. La miscela ideale post-allenamento è quella che sposa, in proporzioni variabili sul tipo di sport, carboidrati e proteine. Le proteine possono essere sostituite da una miscela di aminoacidi, preferibilmente essenziali (EAA) perchè la sintesi proteica proceda senza battute d'arresto e con tutto il materiale necessario allo scopo. Come regola generale, si consigliano 20 gr di proteine e 70 gr di carboidrati. Per chi vuole entrare nello specifico può scegliere preparati proteici arricchiti di leucina, aggiungere 3 gr di creatina e un caffé doppio. Nei primi due casi per migliorare ulteriormente la sintesi proteica, nel caso della caffeina per promuovere maggiormente la sintesi di glicogeno, cioè il recupero degli zuccheri persi.  I carboidrati  del post allenamento dovrebbero essere a rapida assimilazione, cioè ad alto indice glicemico. Questa caratteristica  insulinotropica (promuove la produzione di insulina) di certi carboidrati accelera l'ingresso di glucosio e aminoacidi nelle cellule. BIBLIOGRAFIA Can J. Appl. Physiology, 1995 Am. J. Physiology, 1999 Koopman, Beelen e coll., 2007 J.Ivy, PhD – International Society of Sports Nutrition, conference 2007 Ivy, Katz, 1988 Burke, 1993 Chromiak et al., Nutrition, 2004 Kraemer J.W., Hakkinen K., Dioguardi F.S., Rubin M.R., et al.   2006 Woolfson A.M.J. “Amino acids-their role as an energy source” – Proc. Nutr. Soc. 1983 F.S. Dioguardi, 2008 Indicazioni ISSN (International Society of Sports Nutrition Cribb PJ, Williams AD, Hayes A: A creatine-protein-carbohydrate supplement enhances responses to resistance training. Med Sci Sports Exerc 2007, 39(11):1960-8 Esmark et al., Journal of Physiology, 2001 Koopman et al., Am J Physiol Endocrinol Metab 2005 Alvestrand et, al Eur J Clin Invest 1990, Louard et al, Clin Sci 1990 Moore e coll., 2009 V.M. Zatsiorsky e W.J. Kraemer Bird e coll, 2006 Review  Br J Sports Med. 2006 J. Of Applied Physiology, 2008; American J. Of Physiology and Endocrinology Metabolism Erin L.Glynn et al, Am. J. of physiology, 2010 E. Burke, W. Kraemer, et al M. Beelen, L.J.C. van Loon Department of Human Movement Sciences, Maastricht University Medical Center M. J. Gibala Department of Kinesiology, McMaster University, Ontario

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