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- DIETA ANTI-INFIAMMATORIA PER SPORTIVI: COSA MANGIARE PER MIGLIORARE PERFORMANCE E RECUPERO
Di Chiara De Nigris & Claudio Suardi Introduzione L’infiammazione è una risposta naturale dell’organismo agli stimoli fisici, chimici o biologici, compresi l’allenamento intenso e lo stress metabolico. Tuttavia, un’infiammazione cronica di basso grado può compromettere il recupero, abbassare le difese immunitarie e ostacolare i progressi fisici. Una dieta anti-infiammatoria, combinata all’allenamento, può ridurre questo rischio e ottimizzare la performance. Cos'è una dieta anti-infiammatoria Si tratta di un modello alimentare che privilegia cibi freschi, naturali e ricchi di antiossidanti, grassi buoni e fitocomposti. L’obiettivo è ridurre i processi infiammatori sistemici attraverso la nutrizione, sostenendo la funzione mitocondriale, l’equilibrio ormonale e il recupero muscolare. Alimenti consigliati • Verdure a foglia verde (spinaci, cavolo riccio, rucola)• Frutti di bosco, ciliegie, melograno• Pesce azzurro (sgombro, salmone, sardine)• Olio extravergine d’oliva, avocado• Spezie: curcuma, zenzero, cannella• Noci, semi di lino, chia• Tè verde, tisane depurative• Cereali integrali (in assenza di sensibilità al glutine) Alimenti da limitare o evitare • Zuccheri semplici e prodotti da forno industriali• Oli raffinati (soia, mais, girasole raffinato)• Carni processate (insaccati, affumicati)• Fritture e cotture ad alta temperatura• Latticini non fermentati in soggetti sensibili• Alcool e bevande zuccherate Benefici per lo sportivo Una dieta anti-infiammatoria può:• Ridurre i DOMS (indolenzimento muscolare post-allenamento)• Migliorare la funzionalità articolare• Aumentare la qualità del sonno e del recupero• Migliorare la composizione corporea• Rafforzare il sistema immunitario durante i periodi di carico Fonti scientifiche Calder PC et al. (2020). The role of omega-3 fatty acids in inflammation and immunity. Nutrients.• Nieman DC (2010). Exercise effects on systemic immunity. Immunology and Cell Biology.• Simopoulos AP (2002). The importance of the ratio of omega-6/omega-3 fatty acids. Biomed Pharmacother.• Gleeson M et al. (2011). The anti-inflammatory effects of exercise: mechanisms and implications. Immunology and Cell Biology. Conclusione Integrare una dieta anti-infiammatoria nel contesto di un piano di allenamento consente di migliorare non solo la salute generale, ma anche la qualità degli allenamenti e del recupero. È importante personalizzare le scelte alimentari in base alle esigenze individuali e agli eventuali disturbi infiammatori presenti.
- CREATINA, CITRULLINA E BETA-ALANINA: GUIDA ALL'INTEGRAZIONE PER FORZA, RESISTENZA E IPERTROFIA
Di Chiara De Nigris & Claudio Suardi Introduzione L’integrazione sportiva può essere un supporto efficace quando l’alimentazione e l’allenamento sono già ben strutturati. Tra gli integratori più studiati ed efficaci troviamo la creatina monoidrato, la citrullina malato e la beta-alanina, ognuno con meccanismi d’azione specifici e benefici documentati su performance, recupero e adattamenti muscolari. Creatina monoidrato La creatina è uno degli integratori più efficaci per aumentare la forza massimale e l’ipertrofia. Funziona aumentando le riserve di fosfocreatina nei muscoli, permettendo una maggiore produzione di ATP durante sforzi brevi e intensi. Dose standard: 3-5 g/die (senza necessità di fase di carico)Momento ideale: dopo l’allenamento, ma l’assunzione regolare è più importante del timingSicurezza: supportata da centinaia di studi, anche per uso prolungato Citrullina malato La citrullina è un aminoacido che migliora la produzione di ossido nitrico (NO), favorendo la vasodilatazione e il trasporto di nutrienti ai muscoli. È nota per aumentare il pump, ridurre la fatica e migliorare la capacità di lavoro. Dose efficace: 6-8 g di citrullina malato 2:1, 30-60 minuti prima dell’allenamentoBenefici: maggiore resistenza, riduzione del dolore muscolare post-workout, aumento del volume di allenamento Beta-alanina Beta-alanina è un precursore della carnosina, un tampone intracellulare che riduce l’accumulo di acido lattico durante esercizi anaerobici prolungati. Dose efficace: 4-6 g/die, suddivisi in dosi da 1,5-2 g per ridurre il formicolio (parestesia)Migliora la performance in esercizi tra 60 e 240 secondi, come circuiti, HIIT o serie lattacide Combinazione e sinergia Questi tre integratori possono essere assunti in combinazione per massimizzare diversi aspetti della performance: • Creatina: forza e recupero tra le serie • Citrullina: flusso sanguigno e resistenza • Beta-alanina: tamponamento acido e resistenza muscolare, La sinergia è particolarmente utile in allenamenti misti (ipertrofia, forza-resistenza, functional training). Fonti scientifiche • Kreider RB et al. (2017). International Society of Sports Nutrition position stand: safety and efficacy of creatine supplementation in exercise, sport, and medicine. JISSN.• Gonzalez AM et al. (2018). Effects of Citrulline Supplementation on Exercise Performance in Humans: A Review of the Current Literature. J Strength Cond Res.• Trexler ET et al. (2015). International Society of Sports Nutrition position stand: Beta-Alanine. JISSN.• Wax B et al. (2015). Effects of supplementation with beta-alanine on muscle endurance during high-intensity exercise. Journal of Strength and Conditioning Research. Conclusione Creatina, citrullina e beta-alanina rappresentano integratori sicuri ed efficaci per migliorare parametri chiave della performance. Per ottenere benefici concreti, è fondamentale inserirli in un contesto di alimentazione adeguata e allenamento coerente con gli obiettivi. Il monitoraggio degli effetti individuali rimane sempre il criterio principale di efficacia.
- “IL PARADOSSO DELL’OBESITÀ, PIÙ GRASSO HAI, MENO RIESCI A MUOVERTI (E VICEVERSA)”
Di Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi MFS A prima vista, sembrerebbe logico pensare: “Una persona obesa si muove poco, quindi ingrassa” . Ma il paradosso è proprio questo; l’obesità stessa può causare ipocinesi (cioè riduzione del movimento) e non solo il contrario. UN CIRCOLO VIZIOSO: OBESITÀ e IPOCINESI 1. Aumento di massa grassa 2. Maggior peso da sostenere, fatica, dolori articolari, apnee notturne 3. Meno movimento spontaneo e allenamento più difficile 4. Peggioramento della composizione corporea (più massa grassa, meno muscolo) 5. Ridotta efficienza metabolica, infiammazione e stanchezza cronica 6. Ancora meno voglia/possibilità di muoversi E il ciclo si autoalimenta. Cosa succede a livello fisiologico? L’obesità genera infiammazione cronica di basso grado, che riduce la sensibilità insulinica e aumenta l’affaticamento. Aumenta il cortisolo, peggiora il sonno, rallenta il recupero. I muscoli diventano meno efficienti nel produrre energia e si riduce la massa magra. Il sistema nervoso autonomo viene alterato: si abbassa la motivazione al movimento (NEAT in calo). RISULTATO Anche se si mangia di meno, il corpo si adatta consumando ancora meno: “Non riesco a dimagrire, nonostante mangi poco e faccia un po’ di attività” Perché la base energetica (NEAT + muscolo attivo) è crollata. COME ROMPERE IL PARADOSSO Micro-movimento costante: camminate brevi, esercizi da seduti, stretching, attivazioni muscolari quotidiane. Approccio graduale all’allenamento: iniziare con movimenti a basso impatto. Supporto nutrizionale anti-infiammatorio: migliorare la qualità, non solo la quantità. Strategie per recuperare tono e NEAT, non solo creare deficit calorico. IMAT e AAT: il grasso che non vedi, ma che danneggia Quando si parla di "grasso corporeo", molti pensano solo a quello visibile sottopelle.Ma ce n’è uno molto più pericoloso: quello nascosto tra gli organi e dentro i muscoli. Parliamo di: IMAT (Intramuscular Adipose Tissue) Grasso infiltrato tra le fibre muscolari, visibile solo con esami avanzati. AAT (Abdominal Adipose Tissue) Grasso addominale profondo (viscerale), intorno a fegato, intestino, pancreas. Perché sono pericolosi? 1. IMAT alto = muscoli infiammati e meno efficienti Riduce la funzionalità muscolare Aumenta la resistenza insulinica Favorisce catabolismo, anche in chi si allena Associato a invecchiamento precoce del tessuto muscolare Più IMAT = meno forza, meno reattività, più infiammazione silente 2. AAT alto = rischio metabolico e infiammatorio Rilascia citochine pro-infiammatorie (come TNF-α e IL-6) Aumenta il rischio cardiovascolare e diabete di tipo 2 Ostacola il corretto funzionamento del fegato e del metabolismo lipidico È metabolicamente attivo: peggiora la sensibilità insulinica e stimola il cortisolo Anche persone “magre” possono avere un AAT elevato ( skinny fat) IMAT e AAT si alimentano a vicenda Più infiammazione = più grasso viscerale e intramuscolare Più grasso interno = meno risposta all’allenamento Meno muscolo attivo = più deposito adiposo Come ridurli? Allenamento con i pesi + attività aerobica costante Dieta anti-infiammatoria e normoproteica Riposo adeguato e gestione dello stress (↓ cortisolo) Movimento quotidiano costante (NEAT alto) Strategie “termogeniche”: sauna, esposizione al freddo, HIIT Se vuoi conoscere il tuo grasso e come è distribuito, contattaci!
- PIÙ TI ALLENI, MENO CRESCI: IL PARADOSSO CHE NESSUNO TI SPIEGA
Di Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi MFS COS’È L’INFIAMMAZIONE? L’infiammazione è una risposta naturale del corpo a stress, danni o infezioni.Serve a difenderci e riparare i tessuti. Ma se non si spegne mai (per via di dieta, allenamento eccessivo, sonno scarso, stress cronico…), diventa infiammazione cronica di basso grado, silenziosa ma dannosa. STRESS E ATTIVAZIONE METABOLICA: mTOR vs AMPK Il nostro corpo decide cosa attivare in base al contesto: Segnale Via attiva Effetto Nutrizione buona, riposo, recupero mTOR Crescita muscolare, sintesi proteica, anabolismo Stress, infiammazione, digiuno prolungato, overtraining AMPK Catabolismo, risparmio energetico, blocco crescita Perché sotto stress NON si attiva mTOR? Quando sei in una condizione di stress cronico (allenamento eccessivo, poco sonno, deficit calorico, infiammazione) il corpo percepisce un pericolo.In risposta, attiva AMPK (un “sensore energetico”) per: risparmiare energia fermare la crescita muscolare aumentare la disponibilità di zuccheri e grassi Risultato? Blocca mTOR, la via che normalmente stimola: sintesi proteica ipertrofia recupero muscolare Più ti alleni, più peggiora… se non recuperi Allenarsi tanto senza abbastanza recupero, nutrienti e sonno =più infiammazione, più AMPK, meno mTOR, niente crescita, più catabolismo, più ritenzione e sblocchi metabolici. Sintomi comuni: sensazione di gambe gonfie o svuotate forza in calo fame strana o assente stanchezza persistente difficoltà a migliorare il fisico Conclusione Per attivare mTOR e migliorare la composizione corporea, serve: Equilibrio tra allenamento e recupero Nutrienti giusti (proteine, carboidrati, micronutrienti) Sonno e riduzione dello stress Idratazione e controllo dell’infiammazione Se vuoi saperne di più contattaci
- L’IMPORTANZA DELL’ACQUA
Di Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi MFS Il nostro corpo è fatto in gran parte di acqua: non solo quella che beviamo, ma anche quella contenuta all’interno delle cellule e nei tessuti che le circondano. Capire dove si trova questa acqua ci aiuta a valutare lo stato di idratazione, infiammazione o ritenzione. Ecco i termini chiave: TBW (Total Body Water) – Acqua Totale Corporea È la quantità totale di acqua presente nel corpo, circa il 50–70% del peso corporeo, a seconda di età, sesso e composizione corporea. Include: ICW (acqua dentro le cellule) ECW (acqua fuori dalle cellule) ICW (Intracellular Water) – Acqua Intracellulare È l’acqua contenuta all’interno delle cellule, soprattutto nelle cellule muscolari.Più è alta, di solito, migliore è la qualità muscolare e lo stato di idratazione cellulare. ECW: un indicatore nascosto di infiammazione L’ECW (acqua extracellulare) è la quota di acqua presente fuori dalle cellule, nei tessuti, nel plasma e tra le cellule stesse Quando l’ECW aumenta oltre la norma, può essere un campanello d’allarme: Infiammazione cronica silente Ritenzione idrica localizzata o diffusa Difficoltà di drenaggio linfatico Squilibri elettrolitici o stress cellulare In pratica, un valore elevato di ECW può indicare che il corpo sta trattenendo liquidi nei tessuti, spesso a causa di processi infiammatori, anche se non ci sono sintomi evidenti. ECW e composizione corporea Valutare l’ECW (tramite analisi bioimpedenziometrica multifrequenza) non serve solo a capire se c’è ritenzione, ma anche a monitorare l’efficacia di un piano alimentare, allenamento o percorso drenante/depurativo. L’obiettivo ideale? Migliorare il rapporto ECW/ICW, portando l’acqua dentro le cellule (dove lavora) e riducendo l’eccesso extracellulare (dove ristagna). Matrice Extracellulare È come una rete di sostegno che si trova fuori dalle cellule, composta da: proteine (come collagene ed elastina) zuccheri complessi acqua (parte dell’ECW) Serve a: dare struttura e sostegno ai tessuti trasportare nutrienti e segnali facilitare la comunicazione tra cellule Quando è troppo rigida o “intasata”, può interferire con il drenaggio dei liquidi e favorire infiammazione o ristagni. Perché è utile conoscere questi dati? Se ti alleni puoi valutare la qualità muscolare Se soffri di ritenzione puoi capire se l’acqua è “bloccata” fuori dalle cellule Se segui un percorso nutrizionale o estetico puoi monitorare l’efficacia nel tempo
- Cibi Infiammatori vs Cibi Antinfiammatori
Di Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi MFS L’alimentazione può spegnere (o accendere) l’infiammazione L’infiammazione è un meccanismo naturale di difesa del corpo. Ma quando diventa cronica , può favorire: gonfiore stanchezza ritenzione disturbi digestivi problemi ormonali La buona notizia? Quello che mangiamo può aiutare a ridurla (o peggiorarla). CIBI INFIAMMATORI Questi alimenti possono alimentare processi infiammatori, soprattutto se consumati spesso o in eccesso: Zuccheri raffinati – dolci industriali, bibite, cereali da colazione zuccherati Farine raffinate e glutine in eccesso – pane bianco, pasta non integrale, crackers Grassi trans e fritti – margarine, prodotti da fast food, snack confezionati Insaccati e carni lavorate – salame, wurstel, bacon Latticini industriali – formaggi fusi, yogurt zuccherati, latte vaccino intero Alcol e bevande zuccherate – vino, superalcolici, energy drink Additivi, conservanti, glutammato – dadi, salse pronte, cibi da microonde Eccesso di nichel, istamina o allergeni individuali – dipende dalla persona, ma può aumentare infiammazione interna CIBI ANTI-INFIAMMATORI Questi alimenti nutrono il corpo e aiutano a ridurre l’infiammazione : Verdure di stagione – cavoli, broccoli, zucchine, finocchi, carote Frutti ricchi di antiossidanti – mirtilli, lamponi, melograno, ciliegie Pesce azzurro e omega-3 naturali – sgombro, sardine, salmone selvaggio Grassi buoni – olio extravergine di oliva, avocado, noci (con moderazione) Cereali integrali e pseudocereali – riso integrale, quinoa, grano saraceno, miglio Erbe e spezie antinfiammatorie – curcuma, zenzero, rosmarino, origano Alimenti fermentati naturali – kefir, yogurt naturale (senza zuccheri), verdure fermentate Acqua e tisane drenanti – tè verde, infuso di tarassaco, ortica, zenzero e limone Consiglio pratico Non serve eliminare tutto da un giorno all’altro.Inizia a sostituire gradualmente cibi industriali con alternative naturali e fresche. Il tuo corpo ti ringrazierà con meno gonfiore, più energia e una pelle più luminosa . OGGETTO: Gonfiore, stanchezza, ritenzione? Attento a questi cibi… Ti è mai capitato di sentirti gonfio, stanco o infiammato… anche seguendo una dieta apparentemente “sana”?Spesso la causa è nascosta in quello che mangiamo ogni giorno . Alcuni alimenti possono accendere l’infiammazione , altri invece aiutano a calmarla e favorire il benessere a lungo termine. CIBI INFIAMMATORI Attivano o peggiorano l’infiammazione se consumati spesso: Zuccheri raffinati (merendine, bibite, dolci) Farine bianche e glutine in eccesso Grassi trans e fritti Latticini industriali Alcol, cibi confezionati e conservanti Risultato? Più gonfiore, più ritenzione, più fatica. CIBI ANTI-INFIAMMATORI Aiutano il corpo a drenare, disintossicarsi e rigenerarsi : Verdure di stagione e frutti antiossidanti Pesce azzurro, olio EVO, avocado Spezie come curcuma e zenzero Tisane depurative, acqua abbondante Risultato? Meno infiammazione, più energia, digestione leggera. Il consiglio in più: Non serve rivoluzionare tutto. Inizia da piccole sostituzioni quotidiane : uno yogurt naturale al posto di quello zuccherato, un piatto di verdure in più a cena, una tisana al posto della bibita. Il tuo corpo lo sentirà. E lo vedrai anche nello specchio. PS: Hai bisogno di una consulenza personalizzata o vuoi approfondire questo tema? Scrivici e troviamo insieme la strategia migliore per il tuo corpo.
- IL METABOLISMO NON È PIGRO: LO HAI SOLO MESSO IN PAUSA
Di Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi MFS Cos’è davvero il metabolismo “lento”? Quante volte hai sentito dire: “Non dimagrisco perché ho il metabolismo lento…” Ma cosa significa davvero?Il metabolismo è l’insieme dei processi con cui il nostro corpo trasforma il cibo in energia, mantiene la temperatura corporea, regola ormoni, muscoli, organi e funzioni vitali. Quando si parla di metabolismo lento, si intende spesso una riduzione del dispendio energetico totale, cioè: Basal Metabolic Rate (BMR) basso → energia consumata a riposo NEAT (movimento spontaneo) ridotto Termogenesi (energia usata per digerire) inefficiente Massa muscolare bassa Ormoni rallentati (tiroide, leptina, cortisolo alterato) Perché si rallenta il metabolismo? Diete troppo restrittive e prolungate Sedentarietà o allenamento non adatto Perdita di massa muscolare Stress cronico e mancanza di sonno Infiammazione silente o squilibri ormonali Ridotto apporto calorico per troppo tempo (effetto "modalità risparmio") Come riattivare il metabolismo? Ecco le 7 azioni pratiche per invertire la rotta: 1. Allenati con i pesi (e in modo intelligente) , Più muscolo, più energia consumata anche a riposo 2. Mangia abbastanza (sì, davvero!) Un metabolismo lento spesso è il risultato di troppe rinunce. Aumenta gradualmente le calorie con cibi di qualità. 3. Priorità alle proteine Aiutano a costruire e mantenere il muscolo, migliorano la termogenesi, aumentano la sazietà. 4. Muoviti di più nella giornata (NEAT) Camminate, scale, piccoli spostamenti hanno un effetto cumulativo potente. 5. Dormi meglio e gestisci lo stress Il cortisolo alto blocca la tiroide e promuove la ritenzione.Il recupero attiva ormoni chiave come GH e testosterone. 6. Bevi abbastanza acqua La disidratazione rallenta tutto, anche il metabolismo cellulare. 7. Fai fasi di reset metabolico (refeed o reverse) Alternare fasi ipocaloriche a momenti di rialimentazione strategica aiuta a “riaccendere” il corpo. In sintesi: Il metabolismo si adatta a ciò che fai ogni giorno.Allenalo, nutrilo e rispettalo… e risponderà. Se vuoi misurare il tuo metabolismo, contattaci!
- ALLENAMENTO e CELLULITE
Di Claudio Suardi MFS & Chiara De Nigris DSM Che l'esercizio fisico sia fonte di benessere è cognizione acquisita da tutta la comunità medica, tecnica e scientifica internazionale, spesso però non si approfondiscono le diverse sfaccettature dell'argomento. La persona che si avvicina alla palestra, ad esempio, è disorientata riguardo alla scelta migliore rispetto al proprio problema. Alimentazione? Allenamento aerobico? Pesi? In quale ordine? Quale percentuale? Quale sarà la strategia giusta? Come tecnici del settore abbiamo combattuto, combattiamo e diffidiamo dei cultori dei metodi “all inclusive” tanto quanto dei cultori della non fatica. Non è il metodo che fa la differenza ma è la valutazione della risposta allo stress. Finiamola di pubblicizzare e promuovere se stessi attraverso il “proprio” metodo, il “proprio” sistema, il mio libro! La fisiologia e la risposta metabolica non sono “proprie”. Sono di tutti. Importante saperla leggere. Finiamola di parlare di ginnastica passiva, di elettrostimolazione, di pedane vibranti e di sauna per dimagrire. Parliamo di risposta all’allenamento e all’alimentazione. Allenarsi è impegno e sacrificio, non una moda né un’occasione. Allenamento ed alimentazione viaggiano pari passo e devono essere equilibrate e mantenute sempre. Non stravolte 2-3 volte l’anno! Diffidate delle palestre che hanno sostituito bravi istruttori con animatori circensi. Affidatevi ad esperti tecnici dell’esercizio e a professionisti della salute. Vi sono tantissime persone che passano giornate intere in palestra, passando da un corso all’altro o da una macchina all’altra stressandosi senza migliorare. I miglioramenti avvengono lentamente, senza rinunce né eccessi. Personalizzare attraverso il “giusto” carico esterno, la misura del carico interno rispettando l’individualità biochimica. Di “NUTRIMENTO ED ESERCIZIO FISICO” se ne parla continuamente. NUTRIMENTO sta per bisogno di nutrirsi, che bisogna diffidare delle diete lampo o dei dimagrimenti veloci e miracolosi solo a carico dell’acqua e della massa muscolare, per altro responsabile del metabolismo basale. Se l’allenamento, il “trattamento estetico” e l’alimentazione devono portarvi a meno muscoli e a disequilibrare l’acqua corporea lasciate stare… Allenamento personalizzato più rispetto della persona come essere unico più giusta alimentazione uguale risultato. Importante controllare singolarmente i miglioramenti tramite semplici o complesse misurazioni. Come per un farmaco vi è il rapporto dose : effetto lo stesso vale per l’allenamento e l’alimentazione. Non eccessi né difetti. Misurare i cambiamenti attraverso la ripetizione del test è fondamentale. Fornire allenamento significa quantificare: CARICO ESTERNO (scheda d’allenamento) Insieme di esercizi (stimoli) scelti in funzione del risultato che si vuole ottenere nel tempo. Gli aspetti più caratteristici del carico esterno sono i parametri di volume, intensità e densità, ovvero quantità e qualità. Volume d’allenamento: Numero degli stimoli inerenti il singolo esercizio o tutta la seduta di allenamento (quantità). Viene riferito ad una sommatoria omogenea di carichi come: numero di chilogrammi sollevati, numero delle ripetizioni di un gesto, numero delle serie o gruppi, distanza percorsa nelle corse, ecc. Intensità d’allenamento: Impegno organico e muscolare rispetto alla massima prestazione possibile. Può essere riferito alla percentuale di chilogrammi usati rispetto al massimale in un dato esercizio, al numero di ripetizioni possibili del gesto in un determinato tempo, alla velocità di spostamento nella corsa, all'altezza superata nei salti ecc. Densità d’allenamento: Rapporto tra esecuzione e tempo di recupero. Si esprime in valori di tempo o in percentuale rispetto alle serie del singolo esercizio o dell'intera seduta di allenamento. CARICO INTERNO (Risposta) Reazione dell'organismo al carico esterno. Si manifesta con mutamenti fisiologico-biochimici e morfologici e sollecitazioni psichiche e intellettive. Migliora? Se “sì” il carico interno (scheda) sono idonee per questo soggetto, altrimenti varierò o allenamento o alimentazione fino a che troverò il “giusto” equilibrio. Fornire un’alimentazione significa valutare le Kcal, il carico glicemico, il carico insulinico, il rapporto acido basico degli alimenti. Nella persona sana può avvenire che ipoalimentazione ed eccessi d’allenamento possono erodere la massa cellulare (sostanza viva del nostro organismo) o ossea ed espandere il comparto extracellulare. In parole povere, mangiare male o poco, allenarsi in eccesso, non riposare a sufficienza, bere poco e non tamponare a sufficienza con alimenti basici possono “rompere” le cellule e, l’acqua all’interno può uscire ed occupare gli spazi causando ritenzione idrica. L’aumento dell’acqua equivale a infiammazione. Né salute né risultato. Se abbiamo a che fare con un soggetto con cellulite occorre conoscere il problema per poterlo poi “curare”. Riguardo alla cellulite o panniculopatia distrettuale di natura degenerativa ad evoluzione fibro-sclerotica (P.E.F.S.) Fattori predisponenti la (P.E.F.S.) Tra i fattori primari vi sono quelli di natura costituzionale o razziale che si manifestano attraverso varie vie patologiche: predisposizione alle flebopatie degli arti inferiori, condizionamenti alimentari, scarsa componente muscolare, iperacidosi tessutale. I fattori favorenti o aggravanti possono essere difetti posturali e dell’appoggio plantare, la stazione eretta prolungata, le cattive abitudini (gambe vicino a fonti di calore o flesse per diverse ore, uso di calzature o abbigliamento non idonei, bagni troppo caldi) diete ipoproteiche, ipovitaminiche e povere di fibre, l’impiego di farmaci vasodilatatori periferici e calcioantagonisti, la vita sedentaria, la gravidanza e l’obesità. Come migliorare? condizionamenti alimentari, Kcal / Carico glicemico / carico insulinico / PRAL scarsa componente muscolare, aumento massa muscolare acidosi tessutale, aumento dei sistemi tampone difetti posturali e dell’appoggio plantare, ginnastica posturale diete povere di fibre, giusto apporto di fibre obesità, calo massa grassa I sintomi delle P.E.F.S. possono essere: senso di peso o di fastidio, dolore gravativo con parestesie e crampi, sensazione di estremità fredde, gambe stanche, mialgie. I segni apprezzabili all’esame obiettivo sono: plicabilità cutanea aumentata, elasticità cutanea diminuita, edema (ritenzione), granulazioni, noduli, macronoduli, placche, flaccidità, cute pallida e fredda. I conti tornano… aumento massa grassa sottocutanea, diminuzione dell’elasticità della pelle, disidratazione generale e ritenzione locale, infiammazione. Formula “miracolosa”: Test di composizione corporea (circonferenze, pliche, bioimpedenza) Allenamento (controllo del carico interno attraverso la valutazione di quello esterno) Alimentazione con il giusto rapporto tra carico glicemico, insulinico e rapporto acido basico Alla fine della scheda: Test di composizione corporea (uguale al primo) Valutazione dei miglioramenti / peggioramenti Aumento, mantenimento o diminuzione dell’Allenamento (controllo del carico interno attraverso la valutazione di quello esterno) Alimentazione variando carico glicemico, Kcal e rapporto acido basico. Nessun segreto, solo scienza!
- WOOSHING
Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi MFS Spesso la riduzione calorica non si associa col calo peso nel breve. Questo perché gli adipociti non si riducono velocemente e non si verifica, appunto, una riduzione immediata del peso corporeo proprio a causa dell’assorbimento di acqua che va a compensare il grasso eliminato. Molte persone in ipocalorica lamentano il fatto che il tessuto adiposo diventa al tatto più morbido rispetto alla condizione iniziale oltre che variare la temperatura della cute che risulta più calda proprio per via della migliore circolazione del sangue. Questa teoria si basa sull’aumento dell’acqua extracellulare. Si è visto, infatti, che le donne che soffrono di ritenzione idrica sono soggette maggiormente a tale fenomeno (Minnesota Experiment). Come detto, whooshing, è il processo in cui le cellule adipose si svuotano di grasso e si riempiono di acqua. Più precisamente i trigliceridi contenuti nell’adipocita vengono scissi attraverso la lipolisi in glicerolo e acidi grassi per essere usati come substrati energetici. La cellula adiposa però non rimane vuota ma si riempie di acqua. Questo effetto comporta uno stallo del peso e un effetto “gonfio” della pelle dovuto a ritenzione idrica. In tali casi non serve apportare variazioni al piano alimentare al fine di ridurre ulteriormente l’introito calorico nè esiste alcun rimedio con effetto immediato a tale fenomeno fisiologico. L’unica cosa da fare è di proseguire con la propria dieta a patto che si tratti di un piano alimentare strutturato sui precisi fabbisogni individuali e non di una dieta “fai da te”. Ciò fa sì che pur avendo perso una certa quantità di grasso, la persona pesandosi non riscontra alcun miglioramento perdendo fiducia nei confronti del piano alimentare. Solo se si avrà la volontà di pazientare qualche giorno, anche l’acqua accumulata sarà espulsa da tali cellule, le quali risulteranno, di fatto, svuotate del loro contenuto e si potrà, finalmente, osservare la tanto attesa perdita di peso. Durante il programma nutrizionale (su soggetti che praticano attività fisica) l’inserimento di un refeed di carboidrati senza l’introduzione eccessiva di bevande, ha indotto una rapida perdita di peso, le cui variazioni a livello di compartimenti sono visualizzabili anche attraverso esame della composizione corporea.
- L'INDICE GLICEMICO E INDICE INSULINICO
Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi MFS La circadianità ormonale, cioè la produzione di ormoni nella tempistica prevista dalla fisiologia è uno degli obiettivi da perseguire per la salute, anche per il dimagrimento e l’ipertrofia. Avere il cortisolo alto la mattina presto è fisiologico, averlo alto tutto il giorno è anti fisiologico e produce effetti collaterali nel lungo periodo come: 1. Ritenzione idrica 2. Erosione di massa muscolare 3. Ingrassamento viscerale 4. Calo delle difese immunitarie 5. Calo della funzione cognitiva In generale, il controllo del carico glicemico si è rivelata una strategia di successo sia nel perdere peso ( Cochrane Database Syst Rev. 2007; JAMA 2004) che nel controllo dei marker infiammatori (IL-6 e hsCRP). Sul fronte antinfiammatorio, il controllo del carico glicemico si è dimostrato più efficace degli stili alimentari ricchi di fibre e di cereali integrali ( Am J Clin Nutr. 2014). I carboidrati non rappresentano l’unico stimolo per la secrezione insulinica, se proteine e grassi da una parte smorzano l’indice e il carico glicemico di un alimento perché ne allungano i tempi digestivi, dall’altra esibiscono una inaspettata risposta insulinica, da soli o in combinazione con i carboidrati. Le più “vivaci” sotto il profilo insulinemico sono le proteine, soprattutto quelle dotate del corredo di amminoacidi insulinotropici: arginina, leucina, lisina e valina. I grassi recitano la loro parte nel perturbare l’insulinemia ( J Am Coll Nutr. 1993). Questa è la novità venuta alla luce nel 1987, grazie agli studi di Ross et al.: l’insulina non risponde solo al richiamo dei carboidrati, ma anche a quello delle proteine. Latte, uova, carne e pesce hanno infatti un impatto glicemico pari a zero, ma allo stesso tempo incrementano l’insulinemia. L’INDICE INSULINICO Si è così giunti all’elaborazione dell’INDICE INSULINICO, per quantificare la risposta insulinica di alimenti che non fossero solo carboidrati. Nel 2010 Bao et al. hanno concluso che questo nuovo concetto permetteva di predire in maniera più accurata la richiesta di insulina rispetto a quando si utilizzavano solo i carboidrati o il carico glicemico come punto di riferimento. La risposta glicemica generata da un cibo spiega solo il 23% della risposta insulinica. Susanne Holt, nel 1997, aveva compilato la lista più esaustiva di alimenti e relativo indice insulinico. Per una quantità isocalorica (239 kcal) di un ventaglio di alimenti comuni (38 in tutto) sono state misurate le risposte insuliniche post-prandiali. Si è scelta la porzione standard di 239 kcal perché in genere corrisponde alle porzioni che si consumano mediamente, fatta eccezione per le mele, le arance, il pesce e le patate. Ai volontari dello studio sono stati presi dei campioni di sangue immediatamente prima del pasto e ogni 15’ per due ore dopo il pasto. Il punteggio insulinico è stato calcolato sulla base della risposta insulinica in rapporto al cibo di riferimento, il pane bianco (punteggio percentuale 100%). I cibi ricchi di proteine e quelli da panetteria (ricchi di grassi e carboidrati raffinati) hanno prodotto delle risposte insuliniche sproporzionalmente più alte rispetto alle loro risposte glicemiche ( Am J Clin Nutr. 1997). Praticamente simile all’indice glicemico, solo che alla misura della glicemia viene sostituita quella dell’insulinemia. Mettendo a confronto risposta insulinica e glicemica è emerso che: · Farina d’avena e pasta hanno un punteggio insulinico piuttosto basso rispetto al loro alto contenuto di carboidrati. · Tra i prodotti più insulinogenici troviamo il pane, le patate, i prodotti raffinati di pasticceria, le merendine, yogurt e latte. · Cibi ricchi di proteine e grassi (uova, manzo, lenticchie, formaggio, dolci) hanno indotto una maggiore produzione di insulina rispetto ai cibi ricchi di carboidrati. · Molti cibi dal carico glicemico simile hanno mostrato carichi insulinici eterogenei (come gelato e yogurt, riso integrale e fagioli in salsa dolce). · In generale, il contenuto di fibre non predice la magnitudine della risposta insulinica. · Pane integrale e pane bianco, pasta integrale e pasta raffinata, riso integrale e riso raffinato hanno mostrato un indice insulinico simile (per il maggior contenuto di proteine delle versioni integrali). · Spaghetti integrali e spaghetti bianchi hanno un indice glicemico simile, ma un indice insulinico diverso. L’effetto sull’insulina è più marcato negli spaghetti integrali a causa del maggior contenuto di proteine ( Diabetes Res Clin Pract. 1987). · Le proteine o i grassi in combinazione con i carboidrati evocano una risposta insulinica maggiore degli stessi macronutrienti da soli. · Identiche porzioni di carboidrati, ma da fonti di cibo diverse, non evocano necessariamente la stessa risposta insulinica: se assumiamo 50 gr di carboidrati dalla pasta o dalle patate, la risposta insulinica delle patate sarà di circa tre volte quella della pasta. · 100 grammi di spaghetti da soli avranno un indice glicemico superiore alla stessa quantità di spaghetti con ragù (proteine e grassi che rallentano l’assorbimento dei carboidrati). Tuttavia la risposta insulinica sarà maggiore dopo un piatto di spaghetti al ragù. · Latticini fermentati come lo yogurt, a dispetto di un indice glicemico di 15-30, hanno un indice insulinico di 90-98. Dimostrando un effetto insulinotropico dalle tre alle sei volte superiore a quanto atteso dall’indice glicemico. Lo studio, essendo svedese, è stato condotto su due prodotti nazionali: långfil (ropymilk) e il filmjölk . ( Am J Clin Nutr. 2001). · Latte intero e scremato hanno mostrato un indice insulinico simile, avvalorando l’idea che non fossero i grassi a fare la differenza nella risposta insulinogenica, quanto la presenza delle proteine del siero del latte ( Am J Clin Nutr. 2004). · Il potere insulinogenico del latte è stato verificato aggiungendolo, come bevanda (200 e 400 ml), ad un pasto a base di pane bianco e a uno di spaghetti a basso indice glicemico (I.G. 52). Due gruppi di controllo bevevano acqua, anziché latte. La curva glicemica non ha subito variazioni rispetto al gruppo che beveva acqua; mentre la curva insulinica ha subito un incremento del 65% nel gruppo che assumeva pane bianco e latte (alla dose di 400 ml) e del 300% nel gruppo che assumeva spaghetti a basso indice glicemico e latte (sia con 200 che con 400 ml di latte). L’insulinemia del gruppo che assumeva spaghetti e latte (sia 200 che 400 ml) ha mostrato livelli postprandiali simili a quelli di chi assumeva pane e acqua. Il confronto è stato fatto sempre con i gruppi che bevevano acqua ( Eur J Clin Nutr. 2001). · Il lattosio è stato escluso nella genesi insulinotropica dei latticini( Am J Clin Nutr. 2001). · Il potere insulinogenico dei latticini è molto probabilmente legato alla massiccia presenza degli aminoacidi insulinotropici arginina, leucina, lisina e valina e all’influenza sugli ormoni (soprattutto il GIP, o Glucose-dependent insulinotropic peptide), legati alla produzione di insulina ( Am J Clin Nutr. 2004). LA RISPOSTA ISULINICA POST PRANDIALE NON E’ NECESSARIAMENTE PROPORZIONALE ALLA RISPOSTA GLICEMICA; non solo i carboidrati, ma anche gli altri nutrienti influenzano i livelli generali d’ insulinemia (Am J Clin Nutr. 1997). INDICE INSULINICO-INDICE GLICEMICO: LE DIFFERENZE INDICE INSULINICO INDICE GLICEMICO Misura la secrezione insulinica post-prandiale di un cibo nella sua interezza. Misura solo l’effetto dei carboidrati di un cibo sulla glicemia post-prandiale. Dipende dai carboidrati, quantità e qualità delle proteine, dai grassi e dalle loro interazioni. L’indice glicemico non è proporzionale alla risposta insulinica.
- CHEAT MEAL / REFEED
Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi MFS Eseguire alimentazioni prolungate ipocaloriche mette l’organismo in modalità di risparmio energetico. Le funzioni rallentano in nome della sopravvivenza. La sintesi proteica si blocca e diminuisce il metabolismo basale per risparmiare il grasso corporeo. L’alimentazione “a onde” permette di alternare giorni in ipocalorica con altri in normocalorica o in ipercalorica grazie anche a uno o più pasti (detti “cheat meal”) più calorici in generale o uno o più giorni (detti “refeed”) più ricchi di carboidrati. Queste tecniche hanno dimostrato di sbloccare il metabolismo. La gestione del cheat meal e del refeed va contestualizzata alla composizione corporea e al momento storico del programma. Il refeed è simile alla ricarica di carboidrati e può essere introdotto anche per più giorni la settimana, da uno a tre solitamente, soprattutto nei soggetti che devono risvegliare ormoni e metabolismo dopo giorni in ipocalorica o ipoglucidica. Gli ormoni t iroidei partecipano alla regolazione del metabolismo e diminuiscono la propria produzione durante periodi di restrizione (soprattutto glucidica) . In questo modo il pasto o il giorno libero permettono un miglioramento dal punto di vista metabolico. L’introduzione di poche calorie porta all’ aumento della produzione di cortisolo, responsabile dell’accumulo di grasso addominale e legato anche all’aumento ponderale. Il cortisolo può essere prodotto in eccesso durante allenamenti intensi, quando si saltano i pasti o si assumono le calorie giornaliere in una o due volte al giorno. I ritmi sonno veglia disordinati possono incidere sull’aumento di questo ormone. Durante periodi di restrizione calorica o glucidica le riserve di glicogeno diminuiscono e il pasto libero porterà benefici sia estetici che di performance. I segnali che possono indicare che il pasto libero è opportuno sono di diversa natura: cali di forza, allenamenti con scarso pompaggio muscolare, poca concentrazione, freddo costante, blocchi riguardo alla perdita di grasso corporeo. Se si riducessero ulteriormente le calorie avverrebbe una diminuzione dei sistemi visti precedentemente e una perdita di massa muscolare. Per concludere, cheat meal (pasto libero ipercalorico), refeed (maggiori carboidrati, suddivisi in più pasti) da uno a tre giorni consecutivi secondo periodo storico e composizione corporea.
- STUDI COMPARATIVI TRA WHEY E CASEINE
Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi MFS Uno dei primi studi di confronto tra whey e caseina fu condotto da Boirie e colleghi nel 1997 (su 16 giovani sani su cui fu esaminata la velocità di sintesi proteica dopo aver assunto 30 gr di proteine). Risultati: · Le whey (30gr) alzavano rapidamente l’amminoacidemia incrementando la sintesi proteica per poche ore. · La caseina (30gr) alzava più lentamente l’amminoacidemia, ma per un tempo maggiore. La sintesi proteica, pur con picchi più bassi, durava di più e riduceva maggiormente il catabolismo. · Caseina: promuove il deposito di proteine più come anticatabolico che anabolico, senza aumentare molto l’amminoacidemia. · Whey: promuovono più la sintesi proteica vera e propria grazie a rapidi aumenti dell’amminoacidemia, ma aumentano anche l’ossidazione di leucina (uso come carburante) Boirie (1997): alla fine del periodo di studio, la caseina ha portato ad una concentrazione significativamente maggiore di leucina nel muscolo. Tipton (2004): entrambe aumentano la sintesi proteica. Le whey aumentano più rapidamente la sintesi proteica, ma gran parte di queste proteine sono ossidate. Meglio la caseina che porta ad una sintesi proteica maggiore grazie ai suoi tempi di azione più lunghi. Dangin e colleghi (2002), dicono che la rapida velocità di assorbimento e le elevate concentrazioni di leucina del siero possono rendere le whey le proteine migliori dopo l’allenamento Burd e colleghi (2102): confronto tra siero e caseina a riposo e nel post-esercizio. Il siero aumentava significativamente la sintesi proteica più della caseina in entrambe le condizioni. L’aumento di sensibilità dei muscoli alla sintesi nel post-esercizio renderebbe le whey più adatte in questa fase. · Whey e caseina a confronto in un gruppo di bodybuilder (1.5 gr/kg di peso/die seguiti per 10 settimane): si è mostrato superiore l’effetto delle whey su massa magra e forza. ( Int J Sport NutrExercmetab. 2006). · Whey e caseina negli atleti. Gli studi comparativi sugli effetti dell’assunzione di siero e caseina e prestazione nelle popolazioni di atleti o di soggetti sono limitati. Possiamo però concludere che entrambe le proteine hanno prodotto miglioramenti significativi su massa magra, forza e potenza (Kerksick e colleghi, 2006; Wilborn et al., 2013). · Parere dell’International Society of Sport Nutrition: in caso di supplementazione si consigliano sia le whey che le caseine, grazie al loro elevato punteggio PDCAAS (digeribilità delle proteine corretto all'amminoacido limitante) e alla loro facoltà di stimolare la crescita muscolare. · Il Journal of Sports Science & Medicine ha messo a confronto whey e caseine in un gruppo di studentesse di college (cestiste seguite per otto settimane e allenate con i pesi 4 volte a settimana): si sono registrati miglioramenti significativi in entrambi i gruppi quanto a massa magra, forza e potenza. Nessuna differenza tra i gruppi quanto a composizione corporea o prestazione. Entrambe le proteine hanno dunque un’azione favorente. L’esperimento è stato effettuato somministrando 24 grammi di whey o caseina immediatamente prima e dopo l’allenamento. WHEY: FRAZIONATE O CONCENTRATE? Dangin e colleghi (Journal of Nutrition, 2002), Daniel West e colleghi (American Journal of Clinical Nutrition, 2011) hanno concluso i loro studi affermando che l’assunzione di una singola porzione di whey (25 gr) è più efficace nello stimolare la sintesi proteica rispetto a piccole porzioni assunte a cadenze fisse (2.5 gr ogni 20’). Due i motivi a favore della supplementazione concentrata: 1. Maggiore fosforilazione delle proteine di segnale anabolico. 2. Maggiore velocità di crescita dell’amminoacidemia. WHEY O SOIA · Le proteine della soia incrementano la fosforilazione del fattore p70s6k solo per due ore dal termine dell’esercizio, mentre le whey fino a quattro ore dal termine dell’esercizio ( J Int Soc Sports Nutr. , 2015). · Le whey determinano una migliore sintesi proteica rispetto alla soia grazie a una migliore qualità proteica e una maggiore velocità di digestione ( J Am Coll Nutr. , 2009). La fosforilazione è una reazione chimica in cui un gruppo fosfato viene aggiunto a una proteina o a un'altra molecola . Questo processo è coinvolto nella sintesi proteica e nella produzione di adenosina trifosfato (ATP), una molecola che immagazzina e fornisce energia . Uno studio pubblicato nel 2013 sul Journal of the American College of Nutrition ha illustrato un confronto whey-soia sotto il profilo della risposta ormonale (testosterone-cortisolo). Il protocollo prevedeva 14 giorni di supplementazione mattutina con 20 gr di whey, soia o maltodestrine (gruppo placebo). Seguiva seduta di allenamento di 6 x 10 ad esaurimento allo squat RISULTATO: · Le proteine della soia hanno dato una risposta inferiore in termini di testosterone · Le whey hanno abbassato il cortisolo post-allenamento In caso di alimentazione iperproteica aumentare il consumo di acqua di almeno mezzo litro al giorno perché le proteine sono macromolecole formate da una serie di aminoacidi, uniti fra loro attraverso un legame detto peptidico. La sequenza dei singoli amminoacidi è dettata geneticamente e determina la funzione stessa della proteina. Il legame peptidico comporta l'allontanamento di una molecola di acqua e può quindi essere spezzato per idrolisi, cioè, fornendo acqua ed un enzima specifico che catalizzi la reazione.












