Di Chiara De Nigris DSM & Claudio Suardi, MFS
L’allenamento per l’ipertrofia ha lo scopo di provocare cambi biochimici all’interno del muscolo necessari per lo sviluppo della massa muscolare. Sfortunatamente per molta gente l’aumento del volume muscolare è limitato alla durata dell’allenamento o poco più e spesso è dovuto a un ristagno di fluidi all’interno dei muscoli (ipertrofia sarcoplasmatica). In altre parole, “l’aumento muscolare” è dovuto a uno spostamento dei fluidi corporei all’interno delle cellule sotto sforzo invece che a un reale aumento del volume delle fibre. Occorre lavorare sulle percentuali rispetto al massimale piuttosto che su un numero prefissato di ripetizioni. Il numero di ripetizioni rispetto al massimale non è standard. Persone testate da Hatfield hanno risposto in modo diverso in termini di ripetizioni eseguite a una determinata percentuale di carico rispetto al massimale fino a dieci ripetizioni. Le tabelle standard riportano, ad esempio, all’85% del massimale, la possibilità di eseguire 5-6 ripetizioni. Persone con alta tolleranza alla resistenza (ST o + fibre lente) riescono a eseguirne molte di più, talvolta anche 10-12. Viceversa persone con bassa tolleranza alla resistenza (FT o + fibre veloci) ne eseguono magari solo tre.
L'ipertrofia muscolare rappresenta l'incremento di volume delle fibre contrattili che porta all’aumento della massa muscolare. L’allenamento per l’ipertrofia, grazie ai sovraccarichi, crea delle lesioni muscolari che, se genetica, recupero, ormoni e alimentazione sono stati combinati nel modo giusto, porteranno il muscolo a incrementare il suo diametro. L’ipertrofia muscolare coinvolge tutte le strutture subcellulari ma agisce in particolare sulle strutture contrattili. Il carico produce microlesioni nel tessuto e in particolare nella fase eccentrica del movimento. L'organismo “in fisiologia” risponde ricostruendo il tessuto danneggiato depositando maggiori quantità di materiale proteico attraverso la produzione di nuove miofibrille di diametro maggiore e la produzione di nuovi sarcomeri. Le cellule muscolari a questo punto incrementano i depositi di Creatinfosfato CP, Adenosintrifosfato ATP e Glicogeno attraverso modificazioni che portano notevoli vantaggi nell'esecuzione di sforzi brevi ma intensi, tipici dell'attività anaerobica. Un buon lavoro rivolto all’ipertrofia passa attraverso una tensione meccanica, data dal carico utilizzato e dal tempo di tensione utile a risposte cellulari e molecolari nelle miofibrille e nelle cellule satelliti. Il carico e il tempo di tensione devono essere adeguati. W. Kraemer ha definito questo metodo come “impegno ripetuto submassimale” utile alla degradazione delle proteine. Questo grazie a due fattori: stimolo meccanico e tempo di tensione (TT). Il tempo di tensione “ideale” (durata del SET) dovrebbe essere tra 30”-40” e 70”. Se il carico è troppo alto, il tempo di tensione (esecuzione di un set) sarà troppo breve (inferiore ai 30” di tensione continua). Se il carico è troppo basso, il tempo di tensione sarà troppo lungo (superiore ai 70” indicativi). Kraemer consiglia l’utilizzo di carichi compresi tra 6-8 e 10-12 con tempo d’esecuzione di ogni ripetizione tra 5” e 6” (metodo dell’impegno ripetuto submassimale) con recuperi incompleti ma che non limitino il set successivo. Il grado di tensione meccanica (quantità di carico) e del tempo di tensione TT (durata del carico applicato) creerà una corretta combinazione di queste variabili (carico e durata) che massimizzeranno il reclutamento delle unità motorie. A queste due variabili va aggiunto lo stress metabolico ottenuto attraverso la produzione di acido lattico. L'allenamento anaerobico lattacido, provoca una produzione di acido lattico che va ad abbassare momentaneamente il pH al quale è associato un aumento del GH.
Punto chiave: L’adeguato ed elevato stimolo meccanico con stress in allungamento deve portare alla produzione di ”fattore di crescita miogeno” locale a livello dei muscoli sollecitati con riparazione dei microtraumi da parte delle cellule satelliti (ipertrofia). L’insorgenza del danno muscolare crea una reazione infiammatoria che porta alla produzione di miochine responsabili del rilascio di fattori di crescita che regolano la proliferazione e la differenziazione delle cellule satelliti. Secondo diversi studiosi, l’aumento della sezione trasversa della fibra avviene dopo 10-14 settimane di allenamento continuo. L’allenamento iniziale porterà a un aumento di forza quasi esclusivamente per adattamento neurologico (Bosco, Kraemer e altri).
L’allenamento anaerobico lattacido, provoca una produzione di acido lattico che va ad abbassare il pH al quale è associato un aumento del GH. Avvengono inoltre delle micro lesioni sulla membrana che stimolano dei processi ormonali tramite i quali occorre la sintesi proteica. Altro fattore importante è la deplezione di glicogeno che in fase di recupero è reintegrato con una supercompensazione a livello di ritenzione dello stesso.
Il processo che porta all'ipertrofia muscolare è multifattoriale. Si è visto, infatti:
Che la deplezione dei fosfati favorisce la proliferazione di poliribosomi, sedi di sintesi proteica.
Che l'alta concentrazione di acido lattico produce delle microlesioni a livello della membrana cellulare che portano alla crescita attraverso ricostruzione.
Che i movimenti lenti, particolarmente nella fase eccentrica stimolino il rilascio di fattori di crescita insulino-simili IGF1 e IGF2 che sono i principali responsabili dello sviluppo di cellule embrionali da quelle satelliti.
TENSIONE MECCANICA, che crea un DANNO MUSCOLARE e
STRESS METABOLICO
La sequenza; tensione / danno / stress / recupero / alimentazione, sono i fattori che condizionano lo sviluppo muscolare. La variazione del pH nel citoplasma e nell’ambiente extracellulare è associata a molte condizioni fisiologiche come, ad esempio, l’esercizio intenso. Questo cambiamento influisce sulla sintesi proteica, controllate anche dal mTORC1. Un’elevata attività mTORC1 è stata osservata a valori fisiologici di pH 7.2 – 7.4. Bassi livelli di pH possono influenzare negativamente la sintesi proteica. In chimica, acidità significa proprietà di una sostanza di mandare in soluzione ioni d’idrogeno H+, (idrogenioni) e si misura con il pH (potenziale Hidrogenium). Il pH è la misura di acidità di un liquido, i cui valori vanno da 0 a 14. Da zero a 6.9 si ha una condizione acida, sette è neutra, oltre abbiamo una condizione alcalina. I fluidi entrano ed escono da una cellula con una carica elettrica perché i nutrienti sono convertiti in elettricità, senza la quale il cervello non potrebbe comunicare con gli altri organi. La carica elettrica è favorita da alcuni nutrienti minerali. Se questi sono assenti nei liquidi, il corpo li prende dalle riserve, impoverendo anche la massa ossea. Il sangue umano ha pH, a livello arterioso, compreso tra 7,38 e 7,42. Il sangue non è perfettamente neutro ma leggermente alcalino, poiché il suo pH è di poco superiore al sette. I processi metabolici che avvengono all'interno del corpo portano a continue variazioni del pH in un susseguirsi di apporto-eliminazione di “acidi” e “basi” che determinano modifiche nella concentrazione dello ione idrogeno (H+) con conseguente variazione del pH dell'organismo che deve far fronte a queste variazioni e mantenere il pH fisiologico (pH 7.38-7.42). Se l'ambiente in cui vivono le cellule diventa molto acido, tale acidità penetrerà all'interno delle cellule, alterando il pH del nucleo e creando i presupposti per quei fenomeni che sono comunemente chiamati "malattie da degenerazione cellulare". Come detto in precedenza, l’ambiente extracellulare (fluidi corporei) svolge l’importante compito di mantenere il pH rigorosamente entro i limiti fisiologici. Minime variazioni di H+ intra ed extracellulari hanno la capacità di modificare la carica caratteristica delle proteine con conseguenti modificazioni della struttura e della funzione. Lo stretto controllo nel mantenimento della H+ costante nei fluidi extracellulari è il risultato di una sinergia di meccanismi regolatori in cui sono coinvolti i sistemi di controllo propri nel sistema ematico e regolazione a livello renale, intestinale e polmonare. Bassi livelli di pH possono influenzare negativamente la sintesi proteica.
Riferimenti bibliografici:
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